Dunque il ddl intercettazioni è nuovamente argomento di discussione; sarà dunque possibile rendere noto ai cittadini quello che è già pubblico – in quanto noto all’indagato stesso – «solo dopo che si sarà stabilito quali siano gli ascolti rilevanti o meno». Un concetto che ricorda tanto, troppo a dirla
tutta, un’omertà stile Marlon Brando– per non dire mafiosa.
Va ricordato che la privacy degli indagati è già tutelata dalla legge, dal momento che non è consentita la pubblicazione di notizie coperte dal segreto istruttorio o investigativo.
Il discorso, dunque, non è di tipo legale ma politico, se non anche
morale considerato che il diritto all’informazione dovrebbe essere una
pietra miliare del sistema democratico.
Non si deve certo viaggiare con la
fantasia per congetturare sulle conseguenze di un sistema informativo
manipolato a fini politici. Basta attingere all’archivio della memoria e
tenere presente con quanto sdegno e costernazione si pensa alla propaganda dei regimi totalitari.
Con quanta ammirazione, all’inverso, si guarda al fenomeno della primavera araba,
a come l’informazione libera, quella dei blog nella fattispecie, ha
contribuito a fare il primo passo verso il complesso sviluppo dell’emancipazione nordafricana.
Ma, si sa, in Italia è difficile
guardare al di là del proprio naso. Un apparato politico avviluppato
nelle sue questioni di palazzo, faticosamente trae dalle realtà estere
un’occasione di riflessione sui miglioramenti da apportare al proprio
sistema.
Oggi, non soltanto il decreto riprende
vita, ma vengono apportate anche delle modifiche che ostacolano il
normale flusso dell’informazione. Se si intende quest’ultima come
peculiare esempio di comunicazione, allora si dovrebbe presumere la
presenza di un mittente: il giornalista e un destinatario: il lettore. Il primo dovrebbe portare al secondo il suo messaggio: la notizia. Ebbene, noncuranti di questo elementare movimento da chi comunica la notizia a chi la riceve, gli autori e i sostenitori della cosiddetta legge bavaglio bloccano il “naturale” processo informativo.
Dal momento che il contenuto delle intercettazioni è documento, e non rappresenta l’orecchio
indiscreto di un estraneo che guarda attraverso il buco della serratura – ad appagare questa esigenza ci pensano i reality show – è diritto del cittadino/lettore essere a conoscenza di documenti pubblici che riguardano personaggi pubblici. Personaggi che, in ultima analisi, sono gli stessi che quel cittadino/lettore informato e consapevole sceglie quali suoi rappresentanti nel momento in cui esercita il diritto al voto.
E mentre ai “piani alti” si continua ad
azzuffarsi, intrattenersi con barzellette da osteria, sedersi sulla
poltrona più comoda e inveire l’uno contro l’altro senza uno straccio
di autentica iniziativa per far fronte ad una complessa situazione
economica, sociale e politica, questo decreto legge si presenta come un ulteriore ostacolo verso la risalita.
Ma fino a quando la gente, quella che legge i giornali, che va a votare e che scende in piazza con la bocca imbavagliata per ricucire l’Italia sarà disponibile a farsi prendere in giro?! Se nella penisola iberica e oltreoceano si fanno sentire gli indignados, impossibile negare che anche lo stivale ha la sua buona dose di incazzati!
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