Il
governo Conte aveva provato a metterci una pezza legale, vietando i
licenziamenti durante il periodo di emergenza Covid-19 e assicurando
alle imprese la cassa integrazione straordinaria per tutti (bisogna
ricordare che la cig è una misura “salva-imprese”, che solo
indirettamente aiuta i lavoratori dipendenti assicurando loro un reddito
e il mantenimento del posto di lavoro).
Ma non esiste legge che possa tenere in piedi aziende che non hanno più un’attività.
E dunque l’Istat, nel mese di aprile (poi arriverà anche maggio, e naturalmente la situazione sarà più grave) ha registrato una diminuzione dell’occupazione dell’1,2%. pari a -274mila unità. In un solo mese e con quella “protezione” in vigore…
Il fenomeno ha riguardato più le donne (-1,5%) che gli uomini (-1), sia i dipendenti (-1,1%) che gli autonomi (-1,3%).
Di conseguenza il tasso di occupazione (il rapporto tra occupati e popolazione in età da lavoro) è sceso al 57,9% (-0,7 punti percentuali).
Che qualcosa non quadri nei criteri statistici lo si comincia a sospettare quando si arriva ai dati sulle persone in cerca di lavoro. Nonostante l’occupazione diminuisca, diminuisce anche la quantità della domanda di lavoro: -20,4% pari a -497mila.
Siamo tutti diventati “sfaticati” che non hanno voglia di lavorare? Difficile crederlo…
Questo dato determina invece una situazione del tutto inattendibile, con il tasso di disoccupazione che addirittura crolla al 6,3%!
Ma come? Molte aziende chiudono, molta gente rimane per strada senza lavoro, altri smettono addirittura di cercarlo… e la disoccupazione ufficiale scende invece di salire?
E qui viene fuori il meccanismo deformante che domina i criteri statistici nell’occidente capitalistico. Dove in pratica si distingue tra “disoccupati” e “inattivi”. Tutta gente senza un lavoro, ma che si differenzia solo per una cosa: se lo stanno cercando (iscrivendosi a qualche tipo di ufficio di collocamento o agenzia), oppure ci hanno rinunciato.
In questo caso la contraddizione tra dati e realtà è così evidente da saltare agli occhi, ma è sempre stato così.
In Italia, a fine aprile, abbiamo avuto una crescita stratosferica degli “inattivi” (o “rassegnati”): +5,4%, ovvero 746.000 persone (più donne che uomini). E questa disgrazia si traduce – “statisticamente” – in un dato che dovrebbe in teoria dovrebbe testimoniare della buona salute del mercato del lavoro, ovvero la diminuzione della disoccupazione ufficiale.
Uscendo dalle percentuali e dai trucchi, la realtà si rivela immediatamente in tutta la sua drammaticità: i senza lavoro sono 16 milioni e 121mila (14.578.000 “inattivi” più 1.543.000 “disoccupati”). Mentre gli occupati scendono a 22 milioni e 881mila.
Oltre il 40% della popolazione in età da lavoro (altro trucco statistico: fino a 64 anni, con la legge Fornero che ha spostato l’età pensionabile a 67…).
Vi sembra una situazione “tranquillizzante”?
Ma non esiste legge che possa tenere in piedi aziende che non hanno più un’attività.
E dunque l’Istat, nel mese di aprile (poi arriverà anche maggio, e naturalmente la situazione sarà più grave) ha registrato una diminuzione dell’occupazione dell’1,2%. pari a -274mila unità. In un solo mese e con quella “protezione” in vigore…
Il fenomeno ha riguardato più le donne (-1,5%) che gli uomini (-1), sia i dipendenti (-1,1%) che gli autonomi (-1,3%).
Di conseguenza il tasso di occupazione (il rapporto tra occupati e popolazione in età da lavoro) è sceso al 57,9% (-0,7 punti percentuali).
Che qualcosa non quadri nei criteri statistici lo si comincia a sospettare quando si arriva ai dati sulle persone in cerca di lavoro. Nonostante l’occupazione diminuisca, diminuisce anche la quantità della domanda di lavoro: -20,4% pari a -497mila.
Siamo tutti diventati “sfaticati” che non hanno voglia di lavorare? Difficile crederlo…
Questo dato determina invece una situazione del tutto inattendibile, con il tasso di disoccupazione che addirittura crolla al 6,3%!
Ma come? Molte aziende chiudono, molta gente rimane per strada senza lavoro, altri smettono addirittura di cercarlo… e la disoccupazione ufficiale scende invece di salire?
E qui viene fuori il meccanismo deformante che domina i criteri statistici nell’occidente capitalistico. Dove in pratica si distingue tra “disoccupati” e “inattivi”. Tutta gente senza un lavoro, ma che si differenzia solo per una cosa: se lo stanno cercando (iscrivendosi a qualche tipo di ufficio di collocamento o agenzia), oppure ci hanno rinunciato.
In questo caso la contraddizione tra dati e realtà è così evidente da saltare agli occhi, ma è sempre stato così.
In Italia, a fine aprile, abbiamo avuto una crescita stratosferica degli “inattivi” (o “rassegnati”): +5,4%, ovvero 746.000 persone (più donne che uomini). E questa disgrazia si traduce – “statisticamente” – in un dato che dovrebbe in teoria dovrebbe testimoniare della buona salute del mercato del lavoro, ovvero la diminuzione della disoccupazione ufficiale.
Uscendo dalle percentuali e dai trucchi, la realtà si rivela immediatamente in tutta la sua drammaticità: i senza lavoro sono 16 milioni e 121mila (14.578.000 “inattivi” più 1.543.000 “disoccupati”). Mentre gli occupati scendono a 22 milioni e 881mila.
Oltre il 40% della popolazione in età da lavoro (altro trucco statistico: fino a 64 anni, con la legge Fornero che ha spostato l’età pensionabile a 67…).
Vi sembra una situazione “tranquillizzante”?
Nessun commento:
Posta un commento