Il
vero segreto del Potere sta nel rendere non comprensibili, grazie ai
tecnicismi e ai linguaggi specialistici, meccanismi certamente complessi
ma non proprio sconosciuti.
Le
distorsioni nei redditi, tra aree salariali (a livello europeo ma anche
sul fronte “nazionale”), tra sistemi fiscali, ecc, sono volute. Ossia create progettualmente per raggiungere quei risultati che abbiamo davanti agli occhi.
I pennivendoli mainstream – sul format creato da Repubblica e Corriere – dànno
la responsabilità di queste distorsioni a chi ne è vittima (interi
strati sociali, lo “spirito meridionale”, oppure l’amministrazione
pubblica che proprio in quanto pubblica sarebbe “geneticamente
inefficiente”, ecc).
E’
esattamente lo stesso gioco che fa la propaganda neofascista di Salvini
& co., tranne che per il target retorico usato: qui sarebbero “gli
immigrati” – e non (più tanto) “i meridionali” la causa dell’impoverimento dei salariati (“concorrenza sleale”, perché disponibili a qualsiasi prezzo) o della crisi del paese.
A
spazzar via questa doppia spazzatura mentale provvede questa analisi
dell’ottimo Guido Salerno Aletta, apparsa sulle colonne di Milano Finanza,
che riprende il filo rosso delle modificazioni strutturali imposte
attraverso i Trattati europei a partire da quello di Maastricht.
Altrimenti
diventa inspiegabile perché nessun governo osi fare alcunché per
cambiare un trend che può essere riassunto davvero in poche parole: “Da
noi si chiudono le fabbriche che riaprono dove i costi del lavoro,
fiscali e della protezione sociale sono infimi, mentre gli investimenti
sono spesati direttamente dall’Unione: un deflusso inarrestabile, ormai
da decenni”.
L’Unione,
insomma, finanzia le delocalizzazioni e ogni paese che perde industrie
per questa ragione – in un afflato suicida che non trova spiegazione
razionale, a parte l’ansia di profitto privato – contribuisce a
finanziare questa fuga dopo aver finanziato magari “l’afflusso di
capitali stranieri”, tra defiscalizzazioni, decontribuzione e altre
“magie”.
L’impedimento
a fermare questo deflusso che impoverisce la maggioranza della
popolazione, costringe di nuovo intere generazioni sulla via
dell’emigrazione (e la prima regione italiana, per numero di giovani
emigranti all’estero, è – guarda un po’! – la Lombardia), svuota
territori e compromette radicalmente la riproduzione demografica stessa,
ha una ragione e un sistema di comando.
E se la ragione è visibile a molti (l’ansia di profitto non
riesce a nascondersi più di tanto…), il “sistema di comando” è invece
ben mascherato sotto belle frasi prese a prestito dal “manifesto di
Ventotene” per realizzare il quasi esatto opposto.
Si veda la descrizione spietata del meccanismo di funzionamento dei fondi europei per “la solidarietà”: “dal
FESR affluiscono all’Italia solo una parte dei soldi nostri, delle
risorse che vengono versate dagli Italiani con le loro tasse, e che
vengono indirizzate dalla Unione per finalità che non solo non sono
contrattabili, ma che, per essere erogate, richiedono un ulteriore
cofinanziamento da parte nostra: ci ridanno indietro solo una parte dei
nostri soldi, e pure a condizione che ce ne mettiamo ancora degli
altri”.
E
altrettanto spietata è la diagnosi sui “mali del Mezzogiorno”,
spaventosamente aggravati proprio da interventi che fingono volerli
curare: “il Sud paga con le imposte per un sistema di solidarietà e
di protezione sociale di cui beneficiano sia gli immigrati che lavorano
regolarmente nelle imprese, sia quelli che comunque hanno titolo alle
diverse forme di accoglienza a carico della spesa pubblica. Il
costo della protezione sociale degli immigrati va dunque posto
interamente a carico della Unione europea a favore del Mezzogiorno, che
si vede per questa via doppiamente penalizzato”.
Il
razzismo salviniano è qui doppiamente sbugiardato, ma anche il finto
“buonismo” del Pd. Lavoratori, disoccupati, pensionati, immigrati,
giovani costretti all’emigrazione… tutti sono macinati dentro uno stesso
meccanismo che amplia a dismisura del disuguaglianze tra “alto e
basso”. Ma allo stesso tempo ognuna di queste figure sociali (entro cui
peraltro ogni individuo passa e si può riconoscere solo temporaneamente,
perché è facilissimo passare da occupato a disoccupato o emigrante)
viene sollecitata a indicare il simile come “il nemico”.
Impietoso,
infine, anche il ritratto delle Regioni (e torna a proposito, visto che
tra un paio di settimane si vota in Emilia Romagna e in Calabria,
teoricamente ai poli opposti nella classifica del benessere).
Una
volta reso inabile – tramite i trattati – lo Stato centrale come
“attore economico”, quel minimo di ruolo “distributivo” è infatti
passato proprio alle Regioni. Che però non hanno alcuna autonomia
finanziaria, e infatti “vanno al rimorchio di Bruxelles, abbagliate come sono dalla possibilità di contrattare a livello locale la distribuzione delle risorse europee. Accettano qualsiasi priorità, qualunque criterio: sono soldi che arrivano”.