martedì 17 dicembre 2013

LA SANTIFICAZIONE DEL PROFITTO

Una volta si chiamavano feste comandate. Le domeniche, innanzitutto. E poi Natale, Pasqua. E poi quelle strappate con la lotta, il 1° Maggio, 25 AprilE, Ma il capitalismo conosce un unico comandamento: sacrifica qualunque cosa, preferibilmente i lavoratori, sull’altare del profitto. E così da qualche anno anche in Italia, a un numero sempre crescente di lavoratori viene impedito di godersi un riposo settimanale degno di questo nome, magari in compagnia delle proprie famiglie, dei propri figli.
Quella della liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali è una storia che va avanti da quasi vent’anni.Nel 1998 ci prova Bersani, con il decreto che porta il suo nome, il quale prevede (in barba all’esito del referendum di soli tre anni prima) che gli esercizi commerciali possano restare aperti tutti i giorni della settimana per un massimo di tredici ore. Le domeniche sono ancora quasi escluse dalla liberalizzazione: pur conferendo poteri di deroga ai comuni, le aperture domenicali sono previste solo per le domeniche del mese di dicembre e per altre otto domeniche nei restanti mesi dell’anno. Le cose peggiorano nel 2001: con la riforma del titolo V della Costituzione la competenza in materia passa alle Regioni, che fanno largo uso dei poteri di deroga previsti dal decreto Bersani.
E arriviamo ai giorni nostri: il governo Monti, nel 2011, ci lascia in eredità il decreto “Salva Italia”(in vigore dal gennaio 2012), che avrebbe dovuto risollevare le sorti di un’economia strangolata dal cappio del debito e dello spread. I risultati sono sotto gli occhi di tutti… Il “Salva Italia” prevede, tra le altre cose, la completa liberalizzazione degli orari di apertura.
Le aperture domenicali e festive avrebbero dovuto dare nuovo slancio al commercio, far aumentare i consumi, creare nuovi posti di lavoro. Niente di tutto ciò è accaduto. Secondo le stime di Confesercenti, complice la crisi che ancora morde le famiglie, i consumi sarebbero calati del 4,3% nel 2012, dato al quale andrebbe ad aggiungersi un -2% previsto per quest’anno. Tra l’inizio del 2012 e i primi sei mesi del 2013 sarebbero scomparsi quasi 32.000 esercizi di commercio al dettaglio e 90.000 posti di lavoro; 500.000 locali commerciali sarebbero rimasti sfitti, con una perdita di 62 miliardi di euro di affitti non percepiti e 6,2 miliardi di euro di gettito fiscale andato in fumo (più di quanto si è racimolato nelle tasche della povera gente con l’aumento di un punto di IVA).
Diverso sembra essere il discorso per i grandi nomi della Grande Distribuzione:  la capacità di competere al ribasso sui prezzi dei prodotti e la possibilità di restare aperti nei giorni festivi hanno sicuramente favorito i grossi centri commerciali.
La parola d’ordine che si materializza agli occhi dei lavoratori della grande distribuzione è una e una sola: flessibilità. Parliamo di circa 2 milioni di occupati, la maggior parte dei quali donne (circa l’80%) e con contratti part-time. In molti casi, la speranza di arrivare a firmare un contratto a tempo indeterminato è una chimera irraggiungibile: essere sbattuti fuori dopo anni di lavoro  non è una cosa così infrequente.
Lo stipendio medio di un lavoratore part-time si aggira intorno ai 600-700 euro mensili, il che rende quasi impossibile essere indipendenti, figuriamoci mettere su famiglia e crescere dei figli. Ma i problemi non finiscono qui. Perché proprio la liberalizzazione degli orari e le aperture nei giorni festivi hanno inferto un altro duro colpo alla qualità del tempo di lavoro e di vita di quanti lavorano nella GDO. In nome della già citata flessibilità, i turni vengono fissati settimana per settimana, a volte il giorno prima per il giorno dopo. In più si tratta spesso di turni spezzati, che prevedono qualche ora a metà mattinata e altre ore nel pomeriggio, con una pausa che magari non basta nemmeno per fare il tragitto di andata e ritorno dal lavoro a casa, figuriamoci per fare una visita medica.
 E' evidente che tutto cio rientrà nella logica della santificazione del profitto, non capendo che non essendoci soldi tra le famiglie, tenere aperto domenica e feste comandate non cambia nulla...ma vaglielo a spiegare a certuni..

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