Caos, scontri, blocchi e negozi chiusi. La rivolta dei “Forconi” scuote
l’Italia. A Torino esplode la guerriglia urbana. Sit in dal Veneto alla
Sicilia. Tafferugli tra polizia e manifestanti sotto la Mole.
Guerriglia urbana a Torino in nome del cosiddetto Movimento dei
Forconi. Mentre nelle altre città d’Italia i presidi e le manifestazioni
si sono svolte in modo relativamente pacifico, sotto la Mole la
protesta è degenerata in violenza: scontri nella centralissima piazza
Castello, davanti alla sede della Regione Piemonte, momenti di tensione
davanti al Comune.
Contro i palazzi della politica sono volati non solo gli slogan
«ladri, ladri», ma anche bombe-carta, sassi, bottiglie, mentre le forze
dell’ordine, in tenuta antisommossa e con maschere antigas, sono state
costrette a lanciare lacrimogeni per disperdere la folla. Malmenato un
fotografo, assaltate postazioni Rai e Sky, tensione davanti alle sedi di
Equitalia e Inps. Ma, alla fine, anche applausi per gli agenti che si
sono tolti i caschi.
Si è conclusa così a Torino la protesta organizzata in tutta Italia che si è formalmente dissociato dagli episodi
di violenza. In mattinata i manifestanti avevano bloccato le vie
d’accesso alla città ed erano arrivati a occupare i binari delle
stazioni di Porta Nuova e Porta Susa. Poi si sono mossi verso piazza
Castello e qui la protesta è degenerata: ai manifestanti «regolari» si
sono uniti gruppi di ultras di tifosi (riconoscibili i simboli del
gruppo bianconero dei “Drughi”) e di estrema destra, ed è stata
guerriglia per oltre un’ora; cassonetti e auto danneggiate, fumogeni,
mattoni e bombe-carta contro la Regione, forze dell’ordine costrette a
indossare maschere antigas e a lanciare lacrimogeni.
In più di un’occasione i commercianti che non avevano aderito alla
protesta, rifiutandosi di chiudere i loro esercizi, sono stati costretti
a farlo. Come per esempio lo storico caffè Caval ’D Brons della
centrale Piazza San Carlo, uno dei locali più simbolici di Torino.
Manifestanti del Movimento sono entrati nel locale, affollato di
clienti, e hanno minacciato i presenti, prendendo a calci le vetrine e
costringendo il titolare ad abbassare la serranda. Come avvenuto con
altri negozi.
«Il nostro è un movimento pacifico, siamo contrari a ogni violenza e
applaudiamo per quanto fa la polizia» si è sforzato di ripetere da un
altoparlante uno dei responsabili del movimento. Ma ormai la scintilla
era partita e piazza Castello si era già trasformata in un campo di
battaglia. Il bilancio a fine giornata sara´ di quattordici feriti tra
le forze dell’ordine, decine di vetrine danneggiate, un fotografo che
collabora con l’ANSA malmenato e derubato della sua macchina fotografica
e un manifestante fermato. La Procura aprirà un fascicolo su quanto
avvenuto oggi a Torino, con quattordici feriti. «Sono preoccupato,
perché Torino e i torinesi non sono stati rispettati – ha commentato il
sindaco, Piero Fassino -. Manifestare è legittimo, ma non si può
sconvolgere la vita della città e la normalità di chi la abita». Analogo
il commento del presidente del Piemonte, Roberto Cota: «È legittimo
manifestare, non lo sono gli atti di violenza».
Proteste a macchia d’olio anche in altre città d’Italia, da Napoli a
Genova (dove sono state bloccate la stazione di Brignole e la
soprelevata), ma senza degenerare negli scontri di Torino. «Quanto sta
avvenendo su scala nazionale fa capire che il Paese corre il rischio di
scivolare lungo un crinale pericoloso – ha commentato il Garante degli
scioperi, Roberto Alesse -
Per quanto di nostra competenza, il principio che sarà applicato è
quello della “tolleranza zero”». «Ma i temi sollevati sono sacrosanti»
ha aggiunto il presidente del Veneto, Luca Zaia, mentre per il
governatore del Piemonte, Roberto Cota, «è legittimo manifestare, non lo
sono gli atti di violenza», e l’assessore al Lavoro del Piemonte,
Claudia Porchietto (Ncd), ha tenuto a sottolineare questo principio:
«esiste anche il diritto a non scioperare.