E’ impressionante il numero di persone verso cui nutro una stima
incredibile che se ne sono già andate o si stanno organizzando per
andarsene dall’Italia.
Amici universitari e d’infanzia hanno fatto già i bagagli da tempo e
sono contentissimi della loro scelta: per loro l’Italia è oramai
soltanto un posto di vacanza.
A questi si aggiungono altre persone conosciute nella vita professionale e privata.
Della perdita di competenze ed intelligenza ci si preoccupa poco.
La vera crisi comunque è quella legata alla perdita di comVisualizza blogpetenze,
al tessuto produttivo vero e creativo che viene ostacolato, bloccato,
immobilizzato da una burocrazia sempre più viscosa, organizzata in modo
da far sprecare inutilmente un sacco di energie ed avere illusoriamente
tutto sotto controllo.
Governanti od aspiranti tali stanno gestendo la crisi
soltanto dal punto di vista finanziario, poiché per loro è quello il
problema numero uno.
Come viene gestita? Sostanzialmente è una gestione taroccata, condotta sul lato della percezione del problema:
- negare sempre la situazione attuale ed annunciare che il peggio sta per finire
- sovvenzionare aziende o modelli di business (ovviamente legati al
proprio entourage di amici e clientele) che dovrebbero già essere
estinti
- rischiare la distruzione della moneta pur di non aumentare i tassi
di interesse (il cui aumento spazzerebbe via aziende e addirittura Stati
interi, ingozzati di debiti)
Nel frattempo aziende e imprenditori fanno le valigie e portano
altrove la propria conoscenza organizzativa e creativa (la quale
necessita comunque di tempo per riadattarsi al nuovo territorio).
I politicanti ed i burocrati hanno la convinzione che risolto il lato
finanziario (sono convinti della riuscita dei taroccamenti), basti una
leggina per fare ritornare le aziende e renderle produttive dal giorno
dopo.
Non avendo per la maggior parte mai avuto altre esperienze fuori dal
mondo della pubblica amministrazione, ignorano del tutto il processo
cognitivo legato all’organizzazione di un’impresa come ad esempio la
scelta delle persone idonee e competenti da assumere (che necessitano di
tempo per apprendere e diventare produttive).
Un’azienda che se ne va, non torna domani mattina e qualora in futuro
tornasse non troverebbe le stesse condizioni di conoscenza che ha
lasciato (le persone che vi lavoravano si devono riadattare, cambiare
per un analogo posto o acquisire altre competenze). La perdita di
conoscenza non viene recuperata in tempi brevi. E sicuramente non viene
ripristinata senza parecchio sacrificio/investimento di tempo e senza
una buona dose di tenacia/dedizione.
E qua veniamo al secondo punto che io reputo molto importante: l’etica del lavoro delle persone.
Decenni di espansione continua dello Stato hanno creato e stanno
creando un esercito di persone con un’etica del lavoro molto più blanda e
fiacca rispetto al passato.
L’etica del lavoro non è minimamente paragonabile a quella di qualche decennio fa. Cosa è cambiato?
Lo Stato e tutti i sociopatici che conquistano le istituzioni hanno
nel profondo del loro cuore un desiderio di controllo che li consuma.
Odiano il fatto che le persone siano dotate di libero arbitrio e possano
scegliere col proprio cervello cosa fare nella propria vita.
Per cui si sono organizzati per colpire il cervello delle persone e riempirglielo di idiozie.
Tramite la scuola pubblica hanno attuato una strategia
dell’ignoranza, uno svuotamento della cultura e delle conoscenze di
base, ottenuto tramite proliferazione di titoli di studio farlocco fatti
di abbondante nozionismo e di poca conoscenza pratica. Aggiungiamo a
questo una continua predicazione di buonismo di Stato, di solidarismo
coi soldi altrui.
Et voilà hai ottenuto un prototipo di persona molto legata alle istituzioni ed amante della pianificazione dall’alto.
Se a questo sommiamo il fatto che il modello di successo
continuamente propinato da televisione e giornali è un mix di gioventù,
ricchezza, tempo libero e voglia di divertimento e di viaggi, ma chi
glielo fa fare ad un giovane di sacrificarsi per formarsi una
professionalità che gradualmente col tempo lo renderà competente e
ricercato? Meglio tirare a campare cercando di infiltrarsi nello stato e
sperare di ottenere a sbafo un po’ di grasso che cola (per la verità
sempre meno) o ambire ad una fortuita svolta nella propria vita (lotto,
superenalotto, macchinette, scommesse online, ci sarà pure un perché lo
Stato continua a fare pubblicità a queste forme di auto-tassazione?)
Tirando le conclusioni:
- la crisi finanziaria è soltanto un aspetto (e a mio avviso neppure il più importante) di un problema di più vaste dimensioni
- la maggior parte delle persone neppure percepisce il problema,
quello che l’hanno percepito, stanno facendo i bagagli (non che
all’estero sia tutto rose e fiori, ma una cosa è certa, gli Stati
tendono a considerare i propri cittadini come una loro proprietà. Spesso
invece all’estero si è considerati come una risorsa e non una
proprietà, come portatori di idee nuove).
- l’etica del lavoro viene e verrà sempre più distrutta: allo Stato
non interessa avere persone autonome e pensanti, ma dei droidi da
comandare. Le persone libere ed intelligenti mettono a repentaglio la
struttura di potere esistente (“Senti cerebroleso, mi sembra che sei
un po’ un deficiente nel continuare a rifare gli stessi errori,
facciamo che provo io a governare e a cambiare? Anzi, meglio ancora,
facciamo che smetti di fare leggi idiote che mi rompono continuamente i
coglioni e mi fanno perdere un sacco di tempo della mia preziosa vita?”)
- la distruzione dell’etica del lavoro porta alla diminuzione della
creazione della ricchezza. Anche per gli Stati saranno guai seri.
- il processo è lento e la massa critica coinvolta (decenni di
formazione culturale) è tale per cui i tempi di reazione per ottenere un
cambio di direzione saranno semmai molto lunghi, scordatevi la leggina
fatta dell’Illuminato di turno che sistema subito i problemi.
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