martedì 17 settembre 2013

IL TABU'

Per quanto riguarda questa Repubblica, la posta in gioco non consiste nel destino del governo Letta e nemmeno nell’esito politico della ventennale parabola berlusconiana. Consiste nell’affermazione dello Stato di diritto, nel principio della legge uguale per tutti contro la legge del più forte, del più ricco, del più furbo.
Per quanto riguarda invece le questioni personali del signor Berlusconi la posta in gioco è curiosamente quella di cui si parla di meno, quasi come se fosse un tabù, un esito difficile da immaginare, talmente indicibile che nel suo monito d’agosto Napolitano vi ha lontanamente accennato e solo per escluderlo: cioé le manette, il carcere vero, la cella.
Perché è attorno a questo scenario che si sta litigando e trattando, tutti lo sanno anche se nessuno lo dice.
Com’è che Berlusconi si è così imbullonato a un seggio senatoriale che ha frequentato finora solo nello zero virgola per cento delle sedute, se non per lo scudo che questo offre rispetto a eventuali futuri mandati d’arresto?
Com’è che la mediazione si impantana ogni volta non di fronte alla grazia (su cui Napolitano è più che possibilista) ma di fronte alla sua ‘esaustività’, cioè alla possibilità che faccia fuori tanto gli effetti della Severino quanto l’interdizione, in modo da lasciare Berlusconi in Parlamento a vita, elezione dopo elezione?
Com’è che tutti i calcoli pidiellini su possibili elezioni anticipate si aggirano attorno al rischio che Napolitano le eviti, o attorno alla (debole) chance di ricorrere al Tar per la candidatura del Capo ma anche (o soprattutto) attorno alla maggioranza da raggiungere in entrambe le Camere per poi cucirgli addosso un nuovo salvacondotto?
Di questo si tratta, ormai: altro che “agibilità politica” e altre fesserie di copertura.
Stiamo parlando dei pizzini di Lavitola, delle confessioni di De Gregorio, delle parole di Tarantini, di un gorgo senza fine di procedimenti penali che si moltiplicano perché emergono ogni giorno reati commessi per coprire altri reati, come le pressioni sulla diplomazia cinese per nascondere le carte sulla frode fiscale, come i soldi e le ‘utilità’ ai testimoni del Rubygate perchè mentissero e smentissero le loro stesse intercettazioni e le loro celle telefoniche.
Di questo si tratta, ormai: di un precipizio che può portare prima o poi un giudice a mandargli i carabinieri a casa per evitare che inquini ulteriormente le prove (è di corruzione giudiziaria che è accusato a Bari) o che scappi all’estero (come sempre piu amici gli suggeriscono, gli basta salire su un suo aereo privato e decollare, non deve certo passare i controlli a Linate come noi comuni mortali).
Ora, che l’arresto di B. sia uno scenario scioccante è comprensibile e i primi ad averne paura sono quelli che gli si proclamano avversari o competitori, timorosi di farne un martire e di pomparne quindi il consenso.
Ma qui si ritorna al punto di partenza: se questo è uno Stato di diritto, se la legge è uguale per tutti, il cittadino Berlusconi andrà o non andrà arrestato secondo la legge e senza alcuna differenza rispetto agli altri cittadini, né in un senso né in un altro. Per quanto ora sia un tabù di cui ipocritamente nessuno parla anche se a questo che tutti pensano.

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