mercoledì 7 gennaio 2009

2009: ANNO DELLA SVOLTA?

Lasciamo alle spalle un 2008 difficilissimo dal punto di vista economico, sociale e politico.
La situazione è complicata complice la recessione economica e le difficoltà di una politica italiana che è troppo lontana dalla gente e dai suoi problemi.
Il 2009 (forse sono ottimista) spero che sia per tutti l'anno della svolta e della ripresa dopo le tante difficoltà attraversate l'anno scorso.
Lo so forse questi sono solo sogni ma è giusto pensare sempre positivo e credere che le cose vadano sempre per il meglio.
Tanto sognare non costa nulla!!

15 commenti:

  1. Ciao Fabio,

    che dire? speriamo! Anche se l'aggressione criminale di Israele a Gaza non apre l'anno nel migliore dei modi. E il silenzio incomprensibile di Obama (ma d'altro canto comprensibilissimo: Israele ha il diritto e quasi il dovere di fare ciò che fa, quindi è inutile commentare) getta un'ombra sulle sue qualità di leader del "cambiamento". Vedremo. Intanto ti auguro un buon anno!

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  2. Ciao! Auguroni di buon anno anche a te! Concordo....l'aggressione di Israele a Gaza è a dir poco criminale e non aiuta certo il processo di pacificazione in quell'area! Speriamo che torni la tranquillità comunque.. dubito ma speriamo...

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  3. Ciao carissimi...
    insomma ho capito che devo io fare la voce dissonante, l'anticonformista (tanto per capitare).
    Ovviamente mi riferisco al delicato tema tirato in ballo:"la guerra Israele- Palestinesi". che aggiungere? quando succede una guerra è sempre una sconfitta per entrambi, la guerra è mancanza di comunicazione tra due popoli! purtroppo la guerra, non è affatto bella e dolce (come vogliono inculcarsi i nostri politicazzi!!!)ma dolorosa, con morti pesantissime (penso ai bambini, agli operatori umanitari, agli anziani), con stupri alle donne (come quelli perpetrati dai cosidetti liberatori in Italia nella guerra di liberazione)vomito d'intolleranza ecc...
    la guerra è orrenda, va condannata punto e basta! (so bene che ora mi prendero del cristiano-marxista-pacifista dall'orrenda corrente ideologica relativista che ora ci governa! ma NE SONO ORGOGLIOSO!!!!).
    Diverso invece è il mio atteggiamento e sentimento su Israele, il sionismo (che alla fine è un semplice nazionalismo...)e sugli ebrei in generale...
    la guerra è un crimine, non certo un popolo è criminale...e poi sinceramente non che dall'altra parte, pur non avendo la minima antipatia verso i palestinesi (e company), siano dei micini calmi e mansueti...Conoscente entrambi, carissimi, il mio sentimento di stima, cordialità, simpatia ed empatia che nutro verso il popolo ebraico, pur criticando alcune "azioni" delittuose, sono arci convito che a Gerusalemme,la città santa, non esita un Regime criminale (è più CRIMINALE l'Italietta che in Africa produce milioni di morti, essendo il PRIMO paese a trafficare le armi, ma noi siamo buoni, belli, simpatici mentre altri popoli cattivi, perfidi, sionisti e meschini....)
    l'unico stato che non ha mai avuto non dico delle colonie ma neanche una casa propria è Israele (ebrei e palestinesi in eguale misura). Tutti gli altri stati e staterelli hanno, nel corso dei secoli, soffocato altre etnie, colonizzato, cancellato millenarie identità ecc (anche in questo caso il Belpaese che vuol fare il solone non è esente!!!).
    l'Europa cosa dovrebbe insegnare a questi due popoli?e poi chi dovrebbe farlo? la Francia dove nacque il nazismo, l'italietta delle leggi razziali?la Germania (qui stendiamo un velo pietosissimo...)?la democratica russia (a quel tempo urss?)che si pappò più di un milione di ebrei?l'inghilterra?datemi un nome di stato con la morale esente? un nome...
    in realtà, cari amici, penso che di questa tragedia umana, dovremmo piantarla di giudicare due popoli che nel corso dei millenni abbiamo solo insegnato dolore, sofferenza e pianti.
    io, come sempre anti-conformista, ribadisco la mia forte convinzione che i palestinesi non sono dei terroristi, nè gli ebrei si apprestano alla conquista del mondo!non l'hanno mai fatto (NOI si con i MERDOSI romani!!!) nè lo faranno mai!
    non esiste una lobby ebraica, non è mai esistito il libro dei priorati di Sion così come non esistono i palestinesi che vivono solo di odio.
    Nella speranza di veder sventolare a Gerusalemme in un tempo non lontano le gloriose bandiere degli ebrei e dei palestinesi, vi lascio questo pensiero di un ebreo "sionista" (quell'espressione la odiamo...ma non critichiamo mai qdo il drogato di materazzi si vanta di essere italiano!!!) Amos Oz:" Impariamo a rispettare gli altri popoli: ogni uomo è creato a immagine divina, anche se se lo dimentica continuamente".a Presto,
    Paolo.

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  4. Parteggio per la causa palestinese!!!

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  5. Rispetto l'opinione di Paolo e in larga parte la condivido. Però devo dire che, personalmente, sono contrario a qualsiasi tipo di nazionalismo, che stabilisce la superiorità di un popolo e ne nutre l'orgoglio solo perché abita in un territorio anziché in un altro, perché ha certe credenze anziché altre, perché parla una lingua anziché un'altra, perché ha una certa organizzazione sociale anziché un'altra. Io credo, dal basso delle mie conoscenze, che in Palestina ci sia stata una colonizzazione vera e propria di un territorio, da parte di un popolo (e sull'uso di questo termine ci sarebbe da discutere) "occidentale". Un'occupazione che perpetua in qualche modo il colonialismo. Basti pensare che le cittadine di Sderot e Ahskelon, quelle bersagliate dai razzi di cartone di Hamas, fino al 1948 avevano un altro nome ed erano abitate da arabi. Gran parte dei cittadini che le abitavano sono ora in esilio forzato nella Striscia di Gaza.

    Massimo rispetto per le sofferenze passate degli Ebrei. Ma dopo duemila anni di diaspora credo che siano diventati ormai parte delle nazioni in cui hanno trovato rifugio: sono occidentali a pieno titolo, insomma. Sarebbe stato meglio che l'operazione Israele non fosse mai stata avallata, perché le conseguenze erano prevedibili e perché non è giusto strappare la terra a chi ci abita da secoli. Ma tant'è, la storia non si fa coi "se" e coi "ma".

    L'obiettivo - senz'altro utopico, me ne rendo conto - sarebbe quello di un unico stato in cui convivano pacificamente due popoli. Uno stato che non si fondi sul nazionalismo di un unico popolo. Che non si fondi sull'espansionismo spietato, sulla segregazione.

    Al di là delle speranze, c'è da sottolineare che Israele, per conto mio, sta agendo un po' come il lupo e l'agnello, con la Palestina ovviamente nella parte dell'ovino. La disparità di forze in campo è imbarazzante. Le giustificazioni di Israele non stanno in piedi. Sono stati gli israeliani a rompere la tregua, è degli israeliani la colpa dei razzi di Hamas, visto che dopo l'accordo non hanno interrotto l'embargo, costringendo i Palestinesi a una lenta agonia. Hamas è certo un movimento fondamentalista, ha pecche evidenti, dal punto di vista occidentale. E c'è poi da rimarcare la pavidità dei paesi arabi, che si limitano a dichiarazioni di principio senza dare aiuti concreti, evidentemente spaventati dalle possibili conseguenze di un loro intervento. In genere non si può discriminare chiaramente tra buoni e cattivi, ma nel caso della Palestina credo sia possibile.

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  6. per l'amico Raskolnikov,
    il nazionalismo che ammiro non è certo il fanatismo alla "full metal jacket"...no!il "mio nazionalismo è l'amore per la cultura del proprio territorio (culturale, sociale, antropologico, morale, religioso).
    Non certo le bandierine al vento quando passano Presidenti della repubblica CRIMINALI (come l'attuale) o per la nazionale (dopata e ladra)di calcio.
    il "mio"nazionalismo è un ardente passione per i luoghi, la cultura, i sapori,gli ambienti, le sensazioni, i gusti, i ricordi, i monumenti, le atmosfere di un ambiente, piangere per un'opera d'arte, fischiettare in gelosia, la "propria" musica, valorizzare il proprio habitat, mantenere forti le tradizioni (culturali, religiose, morali, usi e costumi)che dalla notte dei tempi hanno dettato i ritmi in un certo habitat naturale.
    ma questo non certo per superare o contrastare le usanze di altri popoli, un sano ed onesto nazionalismo non è contro gli altri ma per gli altri e con gli altri! un nazionalismo assolutamente positivo fu quello ispirato dalla mitteleuropa della Felix impero Austro-Ungarico.
    come si evince, c'era una simbiosi tra più etnie, più popoli, più culture, più mentalità, mantenute in rapporto paritario, eguale; ognuno rispettoso della cultura dell'altro ma nel contempo ognuno assolutamente egosita del proprio ambiente in cui è stato allevato.
    l'impero austro ungarico, crollato nell'amorale novecento, potrebbe essere un'opzione per il martoriato stato Israeliano, magari se non un abbraccio, un armistizio tra i due popoli.
    ciao,
    Paolo

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  7. Paolo, se mai dovessi dichiararmi nazionalista, lo farei nel senso che hai spiegato tu. Il tuo mi sembra più una sorta di ringraziamento - alla divinità in senso lato - per la meraviglia dei luoghi natii. Siamo d'accordo nel disapprovare il nazionalismo novecentesco.

    Se ci è lecito sognare, immaginare uno stato unitario - magari con il nome di Palestina, che è il suo nome storico e non connota né in un senso né nell'altro il popolo che vi abita - sarebbe bello. Resta però il fatto che i Palestinesi vivono quella degli Israeliani come un'occupazione, una colonizzazione selvaggia. Dal mio punto di vista lo fu, ma impuntarsi, da parte araba, su questa posizione, insistere nel muro contro muro può solo portare ad altri scontri sanguinosi. Ci vorrebbe un riavvicinamento vero, senza embarghi, bombardamenti e kamikaze.

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  8. si è vero sognare nn costa nulla, e spesso credendoci i sogni si avverano...tanti auguri di un buon 2009 ;)

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  9. L'Europa predilige l'ebreo-vittima

    fonte Il Foglio del 2003-06-28,

    di Emanuele Ottolenghi

    «Identikit dell'ebreo come piacerebbe che fosse agli europei: un caro estinto che denuncia Israele»

    Il recente risorgere di fenomeni antisemiti nel cuore dell’Europa ha riaperto la questione del rapporto tra cultura europea ed ebraismo. Chi dopo l’inizio della Seconda Intifada – e ancor più dopo l’11 settembre – si ostina a minimizzare il fenomeno attribuendolo a membri radicalizzati delle comunità arabe in Europa ignora l’irrisolta tensione da sempre esistente tra l’Europa e i suoi ebrei. Nonostante abbiano vissuto in Europa per duemila anni contribuendo spesso alla sua produzione culturale e raggiungendo in molti casi altissimi livelli d’integrazione, l’Europa non ha ancora metabolizzato “l’ebreo” e vive con gli ebrei un rapporto difficile, dove la loro accettazione nella società circostante è condizionale alla loro rinuncia di identità, specialmente se essa si esprime attraverso solidarietà e sostegno
    per Israele.
    Nessuno mette in dubbio che il recente aumento di fenomeni antisemiti abbia un
    legame con la corrente crisi mediorientale. Ma questo dato di fatto, lungi dall’esonerare l’Europa dalla recrudescenza antisemita, mette a nudo la grave ambiguità europea nell’accettare gli ebrei come eguali a pieno titolo. Nulla esprime questa ambiguità meglio di quanto ha dichiarato Javier Solana al summit Ue-Usa di Washington. Per Solana non c’è antisemitismo in Europa oggi (nonostante i più di mille incidenti riportati dopo l’11 settembre
    soltanto in Francia). Ne discende che coloro che vedono l’antisemitismo nella
    presente situazione (che, si sa, deriva da una recrudescenza del conflitto israelopalestinese) in realtà cercano di delegittimare le critiche a Israele bollandole di antisemitismo (per Solana inesistente). Chiaro il corollario: Israele merita le critiche mossegli e gli ebrei che protestano farebbero bene a farsi un esame di coscienza invece. Quegli ebrei che si dissociano da Israele, per il fatto di dissociarsi e denunciarne azioni e legittimità, meritano la stima e l’ingresso a pieno titolo in Europa.
    Questo dualismo è diffuso tra la sinistra europea. L’anno scorso, in occasione del ballottaggio alle presidenziali francesi, centinaia di migliaia di manifestanti invasero le strade di Parigi per dimostrare contro “fascismo, razzismo e xenofobia”. Molti di coloro che sono scesi in piazza a protestare contro Le Pen hanno marciato fianco a fianco con ebrei, in senso stretto in senso lato, per esprimere solidarietà con le vittime di ieri e di oggi dell’odio razzista e antisemita. Lo slogan “Mai più” riferito all’Olocausto non è un motto politico, ma un’espressione sincera di orrore per il passato europeo che la cultura occidentale ha oggi interiorizzato con successo: chi lo dice lo dice con sincerità e fa del dovere della memoria un principio cardine dell’identità europea.
    Molti oggi condividono la nuova passione giudeofila dell’Europa Unita che sponsorizza mostre e musei ebraici, che esalta dovere della memoria, che si mobilita per la giornata della memoria, che legge avidamente di ebraismo (in Italia l’anno scorso ben 700 nuovi titoli di argomenti ebraici in libreria), che fa di Auschwitz uno dei nuovi simboli dell’identità europea. Molti di questi uomini e donne, di fede politica progressista e liberale, dediti diritti umani e alla tolleranza, preoccupati dal risorgere dell’intolleranza che diede i natali al nazismo, non esitano a schierarsi accanto agli ebrei nel perpetuare la memoria del genocidio come monito per le generazioni future. E questo fatto, da solo, offre una garanzia contro il ritorno di certi orrori passati. E tuttavia, resta una forte e inquietante ambiguità. Molti tra coloro che sfilarono contro Le Pen, sono scesi in piazza poche settimane dopo sventolando bandiere palestinesi in nome degli stessi principi, paragonando Israele al nazismo, sostenendo che “le vittime di ieri sono i carnefici di oggi”, demonizzando lo Stato ebraico e coloro che lo sostengono come fascisti e assassini che non meritano dignità, rispetto e protezione. Quegli stessi attivisti di sinistra che sfilano in piazza contro il neonazismo, indossano la kefiah come simbolo di rivoluzione, considerano Israele un fenomeno coloniale e uno strumento imperialista americano che merita di essere distrutto, e parlano di complotti sionisti ovvero ebraici) per dominare il mondo e opprimere gli arabi. Amano gli ebrei e rifiutano l’equazione antisionismo = antisemitismo. Ma l’ebreo che amano è quello che denuncia Israele, se ne dissocia, rifiuta qualsiasi legame con l’identità nazionale ebraica, e vive la sua ebraicità come denuncia del sionismo quale perversione dell’umanesimo ebraico con cui l’Europa odierna si identifica spiritualmente. In quanto agli altri ebrei, essi ne fanno riferimento utilizzando lo stupidario collaudato dell’antisemitismo antico e recente, riciclando le congiure, le teorie del grande burattinaio, la stampa in mano ai giudei.
    Questa dualità europea, che ama, esalta e idolatra l’ebreo-vittima, ma odia, disprezza e demonizza l’ebreo nazionalista e armato che si difende e combatte, è non soltanto un sintomo di un rapporto schizofrenico e irrisolto che l’Europa ha con gli ebrei, ma è anche la manifestazione più recente e insidiosa del suo perdurante antisemitismo. Esso esprime l’impossibilità europea di associare gli ebrei con il legittimo uso del potere politico, incluso quello sovrano. Per l’Europa l’ebreo deve essere vittima: indifeso, agnus dei, coscienza del mondo, capace di assorbire il dolore inflittogli dall’ingiustizia sublimandolo in una forza interiore che diventa simulacro di giustizia e rettitudine morale per le società circostanti. Per l’Europa l’ebreo deve essere assimilato, non minoranza etnica e religiosa in seno all’Europa multiculturale, ma modello dell’integrazione europea che quella diversità annulla, orgoglioso di un’eredità e un patrimonio storico,
    ma non dedito a perpetuarlo. Per l’Europa l’ebreo deve essere mimetizzato: conscio di appartenere a una collettività, ma indistinguibile dall’indifferenziata umanità che lo circonda. Per l’Europa l’ebreo è tale più perchè sa di esserlo che perchè sa come esserlo: glielo ricordano gli altri che lui è ebreo, ma se dipendesse da lui quell’ebraismo – in senso di tradizione particolare e diversa, di fede e osservanza di precetti, in senso di legame a un popolo dedizione alla sua differenziata continuità anche in futuro – gli sarebbe interamente indifferente. Il suo ebraismo è una missione
    universale umanistica, che si compie con la scomparsa dell’ebreo concreto, l’ebreo individuo, e la diffusione dell’ebreo astratto e di quello che esso rappresenta, cioè il rifiuto della violenza in maniera incondizionale e un messaggio universale fratellanza.
    Ecco perchè gli europei si entusiasmano a vedere film come “Il Pianista”o “La
    vita è bella”. L’ebreo non è riconoscibile esteriormente: ha abbandonato gli abiti tradizionali, non si copre più il capo, non mangia secondo le regole alimentari ebraiche, non parla la lingua dei padri, non “sembra” ebreo. Ebreo non in quanto ebreo, ma in quanto vittima, l’ebreo amato dall’Europa è espressione suprema della cultura europea, come nel caso del film di Polanski, dove il protagonista appare incapace di difendersi, e sopravvive alla tragedia non per ricostruire e tramandare un’esistenza ebraica ma per farsi testimone di un messaggio universale di sofferenza che trascende il suo ebraismo.
    Il pianista sopravvive, ma l’ebraismo non sopravviverà a lui. Quell’ebreo, che fa del suo ebraismo non una tradizione e un’identità ma l’espressione di un messaggio universale, è un ebreo che non trasmette la sua ebraicità alla prossima generazione, che è conscio di un’appartenenza ma che non si sente obbligato a perpetuarne l’eredità. Questo ebreo è un ebreo profondamente
    cristiano, profondamente idealizzato e profondamente astratto, nel quale
    ben poco di ebraico è rimasto.
    L’ebreo che l’Europa sogna è l’idealizzazione dell’innocenza e rappresenta, per
    la sua avversione alla violenza anche di fronte alla minaccia di sterminio, la condizione primigenia di purezza che precede il peccato originale costituito in politica dall’uso del potere e dalle talvolta impossibili scelte morali che i dilemmi del potere impongono a governi e Stati. Ed è per questo che l’Europa multilaterale che rifiuta internazionalmente l’uso della forza
    si identifica con questa immagine.
    Nel rifiuto di ogni associazione esteriore con la tradizione, nel rifiuto della continuità ebraica, nel rifiuto di abbandonare il ruolo di vittima, esso incarna l’ebreo che l’Europa vorrebbe anche al di là del Mediterraneo: un ebreo che non è più tradizione e popolo ma simbolo di universalità indistinta e per questo stesso motivo non più ebreo ma altro: l’ebreo diventa concetto, incarnazione di un’idea, ma cessa di essere quel che sempre è stato e smette di esistere come cultura, fede, collettività nel concreto. Per questo in Europa
    Israele viene paragonato ai nazisti, e l’ebreo-vittima che l’Europa idealizza viene contrapposto all’ebreo-carnefice che l’Europa pretende di vedere in uno Stato ebraico che osa difendersi.
    Proprio perché nato in guerra e difeso la forza in nome di un’identità ebraica
    nazionale che mal si concilia con l’identità europea post-nazionale di oggi,
    Israele viene descritto e vissuto come un peccato originale, la perdita d’innocenza degli ebrei che comporta quindi la perdita irrimediabile dell’ebreo-vittima con l’Europa si identifica. Per questo la sinistra liberale oggi non difende gli ebrei dal pregiudizio – ma lo alimenta attivamente – se gli attacchi sono motivati da opposizione a Israele. Gli ebrei che si identificano come nazione, agiscono come tale, e desiderano un loro stato non meritano la simpatia della sinistra. Ai suoi occhi, l’ostilità nei confronti di ebrei sostenitori di Israele non è antisemitismo. La sinistra difende invece quegli ebrei disposti a denunciare Israele e a dissociarsi dallo Stato ebraico. L’ebreo che la sinistra europea ama è talmente integrato con la cultura europea da non avere alcun sentimento di identificazione e lealtà per il popolo ebraico e le sue legittime aspirazioni nazionali. Questo ebreo degiudaizzato, accolto e ammirato dall’Europa, si contrappone a quegli ebrei che si identificano, nel bene e nel male, con una nazione, una cultura, una
    tradizione, e un’identità esclusiva. L’unico ebreo veramente amato dall’Europa è l’ebreo che ha coscientemente smesso di esser tale. Estinto concretamente: solo così l’ebreo sopravvive e si integra nella illuminata e tollerante Europa di oggi.
    Paolo

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  10. Bellissimo quello che hai scritto nel tuo ultimo intervento.

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  11. Paolo se te vedo te pago na birra che te ghe ne bisogno!!!

    Scherzi a parte, anche se molto superficiale e in tema molto scherzoso, consiglio la visione di "Zohan", che secondo me, anche se in maniera "scherzosa", riduce in un semplice significato la guerra tra questi 2 popoli che continua da duemila anni. Il protagonista del film e il suo antagonista si fanno in un certo senso dispetti, come dei bambini, io ce l'ho più grosso, io faccio meglio questo ecc... e di contorno un potente che cerca di aizzare l'odio tra i due quartieri(palestinese ed israeliano) per i propi interessi. Questo è il sunto semplificato della situazione, che ora della fine è grossomodo alla base di molti conflitti, c'é sempre chi aizza, ed è sempre colui che ne trae profitto. Inoltre il film finisce con una bella morale, peccato che nella realtà non sia così semplice.

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  12. Mi ero dimenticato di firmare:P

    Marco

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  13. Ciao Mark grazie per il tuo commento...ti aspetto per gli altri post!
    Condivido quello che hai scritto.

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  14. un regalo che gli Ebrei potrebbero fare ai palestinesi:Hatikvà (il significato profondo dell'inno Ebraico)

    Hatikvà, prima di essere l'inno nazionale dello stato di Israele (ufficialmente lo è solo dal 2004) è stato ed è l'inno del Sionismo. Molti, quindi, potrebbero storcere il naso nel vederlo in una raccolta di canzoni contro la guerra e antimilitariste. Ma la bellezza è proprio questa: Hatikvà è una canzone nata da un desiderio di pace e di prosperità per un popolo sofferente, e le cui peggiori sofferenze di tutta la sua storia erano ancora al di là da venire al momento della sua composizione.
    Più che l'inno nazionale di uno stato, questa è stato un brano che ha espresso e continua ad esprimere ciò che il suo stesso nome dice: una speranza. Dono questo splendido inno al popolo palestinese perchè questa musica deve essere una speranza di pace per tutti. Lo vogliamo togliere alla guerra, all'odio e al nazionalismo. Lo vogliamo restituire alla sua natura. Hatikvà non vuole mostrarci "stati" che si guardano con odio armati fino ai denti, pronti ad erigere muri fisici e di coscienza e ad agire affidandosi alla violenza sempre orrendamente mascherata da "difesa", bensì ad un'unica terra dove tutti possano vivere in modo degno di questo nome, liberi di venerare il proprio Dio, liberi dalla povertà, dalla mancanza di un futuro, dalla guerra stanziale. Questa è la vera "speranza", Hatikvà. La speranza deve essere per tutti, la terra è di tutti, la libertà è di tutti.

    Così come non è certo un caso che sia stato dato in questa pagina risalto alla versione in lingua araba di hatikvà, ricordando doverosamente che il 20% della popolazione di Israele è araba, e che l'arabo è lingua ufficiale accanto all'ebraico. Tutti hanno il diritto di esistere. E' il diritto fondamentale dell'essere umano. E' per questo che intendiamo...riportare anche questo brano alle sue vere radici. Che sia, anzi che torni ad essere, una vera speranza. In ogni lingua.

    HATIKVA (arabo)

    kol 'od balèvav pnimà
    nefèsh yehùdi homiyà
    ulfa'atèy mizràkh kadimà
    àyin letsiyòn tsofiyà

    'od lo avdà tikvatènu
    hatikvà bat shnot alpàyim
    lihyòt 'am khòfshi beartsènu
    èrets tsiyòn virushalàyim.

    la speranza

    Tanto a lungo, quando profondo nel cuore,
    l'anima di un Ebreo anela
    E avanti, verso l'Oriente,
    verso Sion, un occhio sta guardando,

    La nostra speranza non andrà persa,
    La speranza di duemila anni,
    di essere una libera nazione nella nostra terra,
    la terra di Sion e di Gerusalemme.

    ebraico

    כָל עוד בלבב פנימה
    נפש יהודי הומייה,
    ולפאֲתי מזרח קדימה
    עין לציון צופייה;
    עוד לא אבדה תקותנו,
    התקווה בת שנות אלפיים,
    להיות עם חופשי בארצנו
    ארץ ציון וירושלים.


    Paolo

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  15. Fabio, ti lascio l'ottimo articolo del GRANDE Marcello Veneziani.
    che dire BAGNASCO NON MOLLARE!!!CONTRO LE Ondate BARBARE E BECERE Ateiste, liberticide, relativiste, economiciste!!!W MARCELLO!W IL VATICANO!W BAGNASCO
    Paolo

    Preghiera laica dedicata agli atei esibizionisti

    Io non prego Dio ma prego per Dio. Non prego per me, prego per Lui. Io prego perché Dio sia (cioè esista, nel linguaggio corrente) e non sparisca nel nulla. Non prego per la mia salvezza ma per la sua, infinitamente più importante, che è poi la mia, la tua, la nostra salvezza e la loro; la salvezza del mondo nell’intelligenza di Dio. A che serve salvarmi se non si salva quel che mi fa essere quel che sono? (...)

    (...) Che me ne faccio di salvarmi se il cielo è vuoto e la terra svanisce? Non conta l’eternità del singolo frammento ma del principio che lo ha generato, a cui forse ritornerà, se mai si fosse separato. Perciò rivolgo la seguente preghiera:

    “Padre nostro che sia nei cieli

    Non sia vanificato il tuo nome,

    Esista il tuo regno

    Sia vera la tua volontà,

    come in cielo così in terra.

    Datti oggi il tuo pane quotidiano

    Rimetti a noi i nostri dubbi

    Come noi li rimettiamo ai tuoi dubitatori

    Non ti indurre in negazione

    Ma liberati dal niente, amen”.

    La preghiera predetta è dedicata agli atei esibizionisti che hanno deciso di esprimere sui mezzi pubblici la loro gioia privata e cosmica per la presunta inesistenza di Dio; agli atei devoti che in Dio non credono ma ne fanno libero uso; ai credenti puri e impuri che soffrono di questa ondata di orgoglioso ateismo.

    Di quella campagna pubblicitaria di euroateismo, che va da Londra a Barcellona fino a Genova (dove intanto è stata bloccata) sono contento perché finalmente di Dio si parla e non solo per vendere caffè nella pubblicità. E non importa che si usi un mezzo pubblico, cioè di tutti, per esprimere opinioni personali, per ferire la sensibilità altrui. E non importa che sia possibile su un mezzo pubblico comprare spazi pubblicitari per inserzioni ideologiche. E non importa che la religione sia ridotta alla sfera privata mentre all’ateismo è consentito farsi pubblico e sfacciato. E non importa che invocano la libertà di opinione coloro che insorgono se qualcuno osa esprimere opinioni politicamente scorrette e parole sconvenienti, giudizi difformi sui gay o sui rom o se qualcuno esprime idee, revisioni e dubbi storici ritenuti perseguibili a norma di legge.

    E non importa che qualcuno pone sullo stesso piano religioni e sette, dottrine e riti millenari e opinioni individuali, senso del divino e senso del comico, teologia e pubblicità, ritenendo equivalenti idee, culti, tradizioni, convinzioni radicate nell’uomo, nei popoli e nella storia con opinioni che si limitano a negare la fede altrui. E non importa che a Genova insorsero per impedire un libero congresso al Msi perché esprimere opinioni difformi fu considerata una provocazione in una città antifascista e invece ora è permesso provocare i credenti e l’arcivescovo di Genova, Bagnasco, colpevole di essere presidente della Cei.

    No, non importa nulla, anzi fa piacere che questo accada, è quasi una prova dell’esistenza di Dio e della convinzione di Chesterton e di Benedetto XVI che la religione del futuro sorgerà su una sottile forma di umorismo. Sarebbe bello che sugli autobus genovesi si parlasse di Dio e non Dio piuttosto che del Genoa o della Sampdoria. Perciò noi che non siamo credenti tranquilli né atei presuntuosi, ma inquieti pensanti, noi non che non crediamo alla morte di Dio ma dubitiamo della sua salute nel mondo, proponiamo sommessamente una terza via: preghiamo perché Dio sia, giacchè contrariamente all’ateobus che reputa una cattiva notizia l’inesistenza di Dio e una buona notizia che non ne abbiamo bisogno, noi crediamo che la bella notizia sia peggiore della brutta. Perché Dio è il nome che diamo all’intelligenza del mondo. E senza intelligenza non c’è mondo, che è ordine, ciclo, sequenza, e non ci siamo neanche noi, se non come occasionali detriti di un cieco universo moribondo, votato al caos.

    Questa preghiera è poi dedicata a quel magistrato spagnolo, Fernando Ferrin Calamita, credente con sette figli, che ha preferito vedersi ridurre dal Tribunale superiore di giustizia lo stipendio pur di non avallare l’adozione di una bambina da parte di due lesbiche. Gli altri giudici d’assalto acquistano fama e carriera con le loro sparate; lui ha accettato di essere affamato e malfamato per salvare un principio, che i bambini devono avere un padre e una madre. E per questo è stato punito dalla Spagna libertaria e tollerante di Zapatero.

    Infine questa preghiera è dedicata ad Augusto Del Noce di cui è ricorso nel silenzio più assordante il ventennale della morte. E che scrisse Il problema dell’ateismo, non sapendo che sarebbe diventato con l’ateobus questione da marciapiede. Del Noce, un grande filosofo cattolico e non conformista, che amava nella libertà la tradizione, che fu il vero anti-Bobbio di cui invece si stanno allestendo le parate e i salmi per il decennale. Mentre di Del Noce all’opinione pubblica giunge a malapena la voce che è il padre del direttore di Raiuno. Ma anche questo è uno scherzo di quell’angelo spiritoso che gioca divinamente con il mondo, su mandato del Signore, per coglionare l’umana presunzione.

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