lunedì 26 agosto 2013

IL RICATTO

E’ un ricatto. Non ci sono motivi politico-lessicali per definire in maniera diversa la richiesta berlusconiana al PD di rinviare – magari astenendosi dal voto in giunta – la procedura di decadimento dall’incarico di senatore del condannato Silvio Berlusconi. Preso atto dell’impraticabilità della grazia presidenziale, dal momento che pendono sul cavaliere di Arcore altri cinque processi, la guerriglia che l’armata Brancaleone sferra contro il Paese si è concentrata sull’assalto all’unico polo strategico sul quale può avere ancora parola determinante: la sorte del governo.
Dunque, come Don Vito Corleone, Berlusconi propone un’offerta che non si può rifiutare e “suggerisce” al centrosinistra di sottrarsi al voto favorevole in giunta e permettere così al governo di sopravvivere, anche se al prezzo di uno strappo costituzionale tra potere legislativo e giudiziario che lacererebbe il già fragilissimo tessuto costituzionale italiano.
Tralasciando gli house organ famigli, impegnati a definire la riunione di giunta come fosse linizio di Armageddon, gli italiani che hanno sempre votato a destra, stando ai sondaggi, rimarrebbero convinti che la presenza di Berlusconi alla guida del PDL vada garantita.
Qui non c’è solo quella idiosincrasìa tutta italiana della corsa a salire sul carro del vincitore, quella dimensione stracciona del sistema valoriale condiviso che vede nella italica furbizia un modello di vita e nell’aggiramento delle norme il solo modo di sentirsi liberi. C’è proprio il convincimento che la caduta del capo sia l’inizio della fine di una destra che solo sul fatto che egli lo sia trova un minimo di accordo tra le bande che la compongono.
Dal punto di vista politico appare assurda la richiesta di approfondimento in sede di giunta del Decreto Severino, in forza del quale il capo del centrodestra non può più esercitare il ruolo di parlamentare; un simile iter consentirebbe né più né meno stabilire che l’erogazione delle pene previste dalle violazioni dei codici non sono più compito della magistratura ma, nel caso di un parlamentare, diventano materia a discrezione dei colleghi.
Sarebbe un vero e proprio golpe istituzionale che azzererebbe la divisione dei poteri prevista dalla costituzione e sancirebbe, sul piano dell’ordinamento politico, la similitudine tra le istituzioni della repubblica e la fattoria degli animali di Orwell, dove, com’è noto, tutti gli animali sono uguali ma qualcuno è più uguale degli altri.
La scalcinata destra italiana, gigantesco prodotto di una commistione affaristica tra eletti e proprietario, si misura con il senso stesso della sua esistenza, quello cioè di rappresentare un aggregato a difesa degli interessi privati di Silvio Berlusconi. Poco si capisce come mai alcune anime belle del centrosinistra si stupiscano di ciò, indicando la strada della rifondazione del PDL senza il cavaliere.
Sarebbe stato possibile per qualunque partito della storia della Repubblica, ma non per il PDL, giacché esso non rappresenta – né mai ha rappresentato – un progetto politico e non ha mai prodotto una classe dirigente alla quale chiedere d’interpretarlo.
La destra berlusconiana è stata ed è tuttora un gigantesco collegio di difesa delle avventure finanziarie del cavaliere, uno scudo per la sua immunità e la benzina per i suoi motori industrili e finanziari, strumento che, in parallelo con la politica, ha permesso l’espandersi dell’impero.
Mettere in discussione la Legge Severino, da loro convintamente votata, argomentando l’illegittimità della retroattività nell’applicazione delle norme, non deve stupire più di tanto. Quello della retroattività è certamente un elemento che presenta dubbi di costituzionalità, ma fintanto che non è toccato a Berlusconi la destra non l’ha – guarda caso – mai posto all’attenzione, men che mai ha proposto una legge che la abolisse. Ora però, la legge di colpo non va più bene. E dov’è la novità?
Allo stesso modo hanno sferrato attacchi durissimi contro il rigore europeo dopo aver loro firmato il fiscal compact e l’impegno di pareggio dei conti pubblici. Non serve, dunque, cercare coerenza; non c’è mai stata, mai ci sarà, dal momento che l’idea che il padrone della destra ha è che tutto si possa dire e smentire, fare e disfare, se funzionale al processo di consolidamento del suo potere politico e finanziario.
Nel merito, infatti, la decadenza da senatore e una prossima non candidabilità di Berlusconi per effetto della sentenza definitiva di condanna, non impedirebbe al cavaliere di dirigere comunque, pur restando fuori dalle istituzioni, il suo balocco. Il problema è che in vista dei prossimi processi Berlusconi ha disperato bisogno dell’immunità parlamentare e dunque non può permettersi di non usufruirne; a questo si aggiunge poi la consapevolezza che lui per primo ha di quale sia il livello qualitativo del suo gruppo dirigente.
Berlusconi è ben conscio di come la messa in sicurezza delle sue aziende, che devono essere tenute al riparo dalle inchieste della magistratura sulle discutibili pratiche con le quali sono nate e cresciute, non può essere affidata a pitonesse, nani e ballerine, cioè quella scombinata combriccola che compone il Circo Barnum che ci ostiniamo a chiamare PDL.
Il PD, al momento, reitera quotidianamente l’indisponibilità ad accettare il baratto tra governo e legalità, ma per esperienza, tra il prima e il poi nel PD c’è sempre qualcosa che s’incunea. Che il governo Letta sopravviva o meno è cosa relativa rispetto al rispetto, una volta tanto, della legge e delle norme. Berlusconi sa però che sulla tenuta della linea intransigente si gioca anche la partita per il Congresso e che non certo tutto il PD ansima per mantenere Letta saldo a Palazzo Chigi.
Per questo tenterà ogni mossa utile a far leva sul “senso di responsabilità” dei soliti noti. Ma è ovvio che il PD debba cercare ovunque al Senato i voti utili a sostituire quelli del PDL. Se li troverà, sia tra i MS5, sia tra eventuali franchi tiratori del PDL, tanto meglio per l’Esecutivo.
La speranza è che il PD non accetti il ricatto e che Grillo sia pronto ad offrire una soluzione politica funzionale al raggiungimento di almeno tre obiettivi: espellere Berlusconi dal consesso parlamentare italiano, trovare un accordo sulla legge elettorale, tornare al voto.
Obbiettivi salutari per il paese, ai quali opporre furbe tattiche speculative comporterebbe un danno irreparabile per il movimento e per l’Italia stessa. Serve, caro Beppe, una prova di elasticità e pragmatismo politico, una dimostrazione concreta dell’arte della semina prima e del raccolto poi. Mai come ora il bene di tutti s’intreccia così perfettamente con quello di ognuno.

giovedì 15 agosto 2013

Silvio e i dubbi di Ferragosto

Non è di certo un Ferragosto spensierato per Mr. B questo...la sentenza della Cassazione ha complicato non poco i piani del reuccio di Arcore...ora la strada politica per lui è tutta in salita e l'apertura di Napolitano per la grazia non sembra neppure più quella una buona notizia.
La grazia..seppure nella sciagurata ipotesi venga concessa, comporta comunque un ammissione di colpa che Silvio mai si sentirà di fare ed in più non elimina il problema dell'incandidabilita'.
Le strade alternative sono ancor peggiori nella forma ma forse più risolutive....l'affidamento ai servizi sociali, che a livello di immagine certo non e' il massimo, ad esempio e' la via più breve per estinguere la pena e potersi poi candidare...le restrizioni sono poche e B potrebbe non dico fare politica come ora ma quasi...
Vedremo questo ferragosto che consigli porterà ad Arcore e dintorni...di certo il Caimano le studierà tutte per non farsi mettere al l'angolo...definitivamente questa volta...


domenica 4 agosto 2013

Berlusconi e Grillo: come guidare un grande partito di massa da fuori il parlamento

Non entro nel merito della sentenza su Berlusconi perché io la penso in un modo e i difensori del cavaliere la pensano l'esatto opposto...mi chiedo invece un altra cosa, riuscirà il cavaliere dopo la recente sentenza della Cassazione che lo vedra' comunque prima o poi fuori dal parlamento, governare il suo partito anche fuori dal palazzo e magari ai domiciliari? Credo proprio di si...anzi paradossalmente nel suo Mondo ha rafforzato ancora di più i consensi e le convinzioni di chi lo ha sempre appoggiato..egli avrà un carisma ancor più di santità per chi lo ama...coagulando a se in modo granitico i consensi e unendo il partito...quindi Silvio rafforzato e sinistra ancora allo sbando...! Molto di più di Grillo che invece non pare più avere quella credibilità tra il suo elettorato...credibilità minata dalla gestione del dopo elezioni su Governo e capo della stato...il suo popolo voleva un coinvolgimento nei posti che contano e non solo dei no! Vedremo chi durerà di più politicamente...fuori dal parlamento.... tra i 2...ma Silvio sembra ancora una volta in una posizione di vantaggio..!

mercoledì 31 luglio 2013

LONDRA NEL CUORE

“Colui che a Londra può dominare la tavola a cena può dominare il mondo”
Oscar Wilde (Poeta e scrittore irlandese, 1854-1900)

“Non troverai nessuno, soprattutto un intellettuale, che voglia lasciare Londra. No, Sir, quando un uomo è stanco di Londra è stanco della vita; a Londra c’è tutto ciò che questa vita possa offrire”
Samuel Johnson (Poeta, critico e scrittore inglese 1709-1784)

“Londra è una moderna Babilonia”
Benjamin Disraeli (Primo Ministro britannico e scrittore 1804-1881)

“Sto andando via perchè il tempo è troppo bello. Odio Londra quando non piove”
Groucho Marx (Comediografo, attore e cantante americano, 1890-1977)

“Quando sono le 3.00 a New York, è sempre il 1938 a Londra”
Bette Midler (Cantante e attrice americana, 1945)

“Vedendo Londra, ho visto tutta la vita che il mondo può presentare”
Samuel Johnson (Poeta, critico e scrittore inglese 1709-1784)

“Niente è certo a Londra, solo le spese”
William Shenstone (Scrittore scozzese, 1714-1763)

“Trecento anni fa un prigioniero condannato alla Torre di Londra, per tenere alto il suo morale durante la lunga prigionia, scolpì il muro della sua cella con una frase che così recitava: non sono le avversità che uccidono, ma l’impazienza con la quale esse vengono sopportate”
Padre James Keller (Prete americano, 1900-1977)

“Dovremmo aver cura di sempre meno persone. Maggiore è il numero di persone che uno conosce e più semplice diventa la possibilità che queste vengano rimpiazzate. Questo è uno dei guai di Londra”
Ambrose Bierce (Scrittore, giornalista e editore americano, 1842-1914)

“Non penso possa esistere qualcosa che meriti di essere chiamata ‘Società’ al di fuori della città di Londra”
William Hazlitt (Scrittore inglese, 1778-1830)

“Londra malinconica- a volte immagino che le anime perdute della gente siano costrette a vagare per le strade di questa città in modo perpetuo. Uno le sente passare accanto come un soffio d’aria”
William Butler Yeats (Premio Nobel per letteratura irlandese, 1865-1939)

“Arrivai a Londra. Divenne il centro del mio mondo e ho lavorato duro per questo. E mi sono perso”.
V. S. Naipaul (Premio Nobel per la letteratura nel 2001, 1932-)

“Per un uomo a Londra, un cuore spezzato diventa un vero e piacevole reclamo solo se si possiede un reddito agiato”
George Bernard Shaw (Scenegiatore e critico irlandese e Premio Nobel per la letteratura nel 1925, 1856-1950)

“Sir, la più nobile possibilità che uno scozzese possa vedere è la strada che lo dirige a Londra”
Samuel Johnson (Poeta, critico e scrittore inglese, 1709-1784)

“I fiori sono così comuni in campagna così come le persone lo sono a Londra”.
Oscar Wilde (Poeta, Scrittore, drammaturgo e critico irlandese, 1854-1900)

“I miei 50 anni sono arrivati e andati,
siedo solitario,
in un cafe affollato di Londra,
e libro aperto e tazza vuota,
nel marmo del tavolo”.

William Butler Yeats (Premio Nobel letteratura nel 1923, 1865-1939)

“Questa è una caratteristica di Londra…la nebbia, signorina”
Charles Dickens (Novellista inglese, 1812-1870)

“Riconoscerai, ragazzo mio, il primo segno della vecchiaia: arriverà quando andrai fuori per le strade di Londra e realizzerai, per la prima volta, quanto giovane il poliziotto ti sembrerà”
Seymour Hicks (Attore e drammaturgo inglese, 1871–1949)

“A Parigi impari l’arguzia, a Londra impari ad eliminare i tuoi avversari sociali, a Firenze impari il portamento”.
Virgil Thomson (Compositore americano, 1896-1989)


Con queste stupende citazioni voglio omaggiare Londra che sarà meta del mio imminente viaggio.
Arrivederci al mio ritorno.
Buone vacanze a tutti i lettori :)

lunedì 29 luglio 2013

NO AI FESTEGGIAMENTI PER I 100 ANNI DI PRIEBKE

Per coloro che non conoscono questa figura, va ricordato che Erich Priebke fu uno dei più attivi collaboratori del tenente colonnello Herbert Kappler nella strage dove sono state uccise 335 persone. Per la precisione Priebke, in una memoria redatta per il processo, si è definito, al tempo, il numero due nel comando di Roma. Nazista della prima ora, si iscrive al partito nel 1933 (il suo diretto superiore Kappler entra nel 1931) aderisce poi al corpo delle SS, che sarà il più spietato durante il conflitto. Le SS sono un corpo scelto, i cui membri sono selezionati sulla supposta base di purezza razziale pontificata dal nazismo e sulla fedeltà assoluta a Hitler. Priebke, oltre ad essere tra i massimi responsabili della strage, emerge dalle carte processuali anche per il suo ruolo di aguzzino, uno che sa come far parlare i prigionieri. E’ solo l’esempio di un corpo, quello delle SS, che agisce al di fuori di ogni norma rispondendo solo all’ordine di Hitler.
L’eccidio è la risposta nazista all’attentato compiuto a Roma dai partigiani gappisti 23 ore prima, invia Rasella contro un convoglio di volontari tirolesi delle SS. L’attacco provoca la morte di 33 soldati. L’azione è realizzata dai comunisti, ma risponde alle linee dettate dal governo Badoglio e dal Comitato di liberazione nazionale che invitavano a colpire il nemico in ogni possibile occasione.
L’idea della rappresaglia è immediata, così come repentina è l’informazione che giunge a Hitler. A lungo i critici di questa azione hanno imputato ai partigiani di non essersi consegnati per evitare la carneficina, basata sul ricatto nazista “dieci italiani da uccidere per ogni tedesco morto”. Di fatto questo dilemma non si è mai posto perché non è mai stato affisso per le strade nessun bando che invitasse gli autori dell’attentato a consegnarsi. La rappresaglia è scattata esattamente 23 ore dopo e la cittadinanza ne è stata informata quando l’eccidio era già avvenuto.
Se la Resistenza italiana si fosse piegata alle minacce tedesche non sarebbe mai nata, gli italiani avrebbero chinato la testa all’occupante il quale, peraltro, ha sempre mantenuto una condotta non prevedibile, avendo già compiuto numerose stragi nel Sud in assenza di qualsiasi attacco.
L’esecuzione degli ostaggi avviene portandoli nei cunicoli naturali delle fosse e uccidendoli a gruppi di tre. Chi assisteva, vedeva la sorte che da lì a qualche istante gli sarebbe toccata. Tra le vittime ci sono sanitari, infermi, malati, vecchi, minorenni, civili, persone rastrellate a caso nello stesso giorno, alcune decine di esponenti della Resistenza romana e 75 ebrei.
Dopo la guerra, Erich Priebke si gode cinquant’anni di libertà e chi invoca pietà per lui non dovrebbe trascurare questo particolare. Priebke, dopo la guerra, fugge in Argentina; Priebke, nel suo mezzo secolo di libertà, è riuscito a compiere alcuni viaggi in Germania dove, nel 1978, ha partecipato al funerale di Herbert Kappler, chiaro segnale per chi vuole illudersi del suo pentimento. L’ex ufficiale nazista ha dichiarato di essere passato in Italia per due volte. Soltanto nel 1995 è stato estradato nel nostro Paese.
Nella più ingenua delle ipotesi qualcuno si è chiesto perché condannare questo “innocuo” vecchietto, perché accanirsi contro di lui. I reati per crimini di guerra sono ritenuti, a livello mondiale, imprescrittibili e i suoi autori passibili di pena finché sono in vita. E’ un elementare principio di diritto.
In questi anni di morbida detenzione riservata al criminale nazista, non sono mancati in Italia drappelli di suoi seguaci che ne hanno rivendicato la libertà e gli hanno attribuito onore. A Roma sono comparse negli anni diverse frasi sui muri a favore di Priebke. 
Dov’è la ragione che induce a stimare questo individuo? Qualcuno è nostalgico di un passato che non conosce e che si rifiuta di conoscere, oppure pensa che, di fronte al malcostume presente, quel passato abbia una sua “integrità morale”, certo, un’”onestà” edificata sulla gerarchia delle razze umane, sulla tortura contro gli inermi e sulle morti degli innocenti.
Dinanzi a queste derive di nostalgismo ciascun cittadino, ciascun educatore deve sempre chiedersi: che cosa sto facendo io perché simili idee non germoglino? E’ troppo poco accontentarsi di una democrazia faticosamente conquistata, nel cui principio di libertà c’è tolleranza anche per chi alla libertà e alla dignità umana non crede.

mercoledì 17 luglio 2013

I RIGURGITI DELLA LEGA

E’ quasi difficile ritagliare uno spazio di commento alle performances ultime, ma non sorprendenti, dei leghisti. Linguaggio, toni e merito politico delle loro azioni non sono mai state degne di nota per caratura politico-istituzionale, ma il pericolo e il degrado di tanta bassezza ha mosso, come immaginabile, un clamore e un biasimo generale.
Dopo recenti e passate esibizioni di volgarità, l’Oscar va al Vice Presidente del Senato Calderoli che dal palchetto di un comizio aveva candidamente dichiarato che guardare il Ministro Kyenge gli faceva pensare ad un orango.
Questo il siparietto da cinepanettone che è stata rivolto ad un Ministro della Repubblica. Se volevamo avere prove dell’arretratezza culturale italiana nel panorama europeo è bastata l’elezione di un Ministro con la pelle nera a soddisfare la curiosità. Gli insulti, i sospetti e il solo brusio sollevato da questa elezione mostra, ahinoi, tutto il ritardo che grava su questo Paese.
Peggio del peggio è che non solo numerosi compagni di merende abbiano difeso Calderoli, ma che persino il monito lanciato dal Presidente della Repubblica sia stato recepito come il messaggio dell’uomo qualunque. Salvini parla di censura da parte di Napolitano, ignorando peraltro che il Presidente della Repubblica ha espresso un allarme sul clima generale del Paese fatto di intimidazioni di basso profilo in tutte le salse: dalle innumerevoli aggressioni verbali a Kyenge, alle minacce alla Carfagna dopo la sua presa di posizione contro i Cinque Stelle e all’incendio del liceo Socrate, simbolo della lotta alla’omofobia.
Si discute della necessità di togliere l’incarico istituzionale a Calderoli il quale, pur non vantando particolari meriti sul campo se non la sofisticheria del porcellum, mostra di non avere adeguato pedigree umano e culturale. Sembra strano che se ne debba discutere a lungo di fronte ad un episodio tanto eclatante. Basterebbe, anche questa volta, prendere spunto da quello che accade nei paesi culla della cultura politica moderna dove bastano piccoli inciampi a far dimettere le più altre cariche di governo.
L’imbarbarimento della politica che forse proprio nella nascita e crescita dei leghisti ha visto il suo fulgore, trova oggi, con la modalità del colloquio di strada al posto della dialettica politica, il suo trionfo analfabeta e volgare.
Altro che società civile nelle istituzioni: il berlusconismo è stato il brodo comune, culturale – se così si può dire – più che politico, di due generazioni di politici che all’ignoranza sui temi sui quali dovrebbero legiferare, uniscono un’ignoranza ancora più profonda di cultura politica generale e condiscono il tutto con la volgarità che spesso dell’ignoranza è conseguenza inevitabile.
L’appiattimento verso il basso ha trasformato un paese culla del pensiero politico europeo in una stalla dalla quale sono usciti i Borghezio, i Bossi, i Calderoli e gli Scilipoti ed ora a poco serve chiudere le porte. Il berlusconismo ha fatto credere che chiunque potesse entrare in Parlamento, come chiunque potesse diventare artista e vip, come si potesse parlare di secessione con normalità e senza percepire la gravità, il peccato e il reato.
Oggi quando le sfide sul tavolo sono tutte molto urgenti e i fatti spingono sul Palazzo per cambiare il Paese, la presenza di figure di un certo tipo suona grottesco più che pericoloso. Non basta togliere Berlusconi dai meeting internazionali per riqualificare la nostra immagine se poi si permette alla banda degli eredi di Bossi di armare certi teatrini. Mutatis mutandis, sarebbe stato meglio, per ridere e subire meno danni, prendere in prestito quella del maestro Totò. Almeno la sua banda era degli onesti.

martedì 9 luglio 2013

BERLUSCONI: SI ALL'INELEGGIBILITA'...UNA BUONA VOLTA!

Berlusconi è l’effettivo titolare delle sue aziende!
Sembra una banalità, ma c’è voluta l’analisi della recente sentenza di condanna in appello per frode fiscale per chiudere  il varco che per anni ha consentito a Berlusconi di evitare la sua ineleggibilità, in quanto concessionario dello Stato di autorizzazioni (televisive) di notevole entità.
In passato, infatti, Berlusconi aveva sempre aggirato il divieto posto dalla legge 361 del 1957 sostenendo che la guida delle sue aziende fosse nelle mani del presidente Confalonieri e che lui non decidesse nulla.
Una balla non meno spudorata della “nipote di Mubarak”, eppure per anni assecondata da molti politici, che anche recentemente – e diabolicamente – hanno perseverato nella loro convinzione di non voler smentire.
Questa settimana  il nodo dell’ineleggibilità arriverà al pettine.
Chiediamo a tutti i parlamentari di ripristinare la legalità e dichiarare ineleggibile Berlusconi.
Chiediamo di chiudere la lunga stagione di ipocrisia e di “appoggio esterno” al berlusconismo, che ha fortemente minato la libertà e il pluralismo dei media.
E quindi, della democrazia.