Molti si domandano quali riflessi potrà avere l’esito del voto in Germania In europa, dopo la fine del lungo “regno” di Angela Merkel alla guida del paese, considerando quale fosse il peso della cancelliera anche a bruxelles. Sicuramente il nuovo governo che nascerà dopo una lunga gestazione, visto la grande frammentazione del voto tedesco, avrà un peso importante sugli assetti europei, dove secondo alcuni l’asse italo francese potrebbe tornare a giocare un ruolo da protagonista. Draghi e Macron, non a caso da mesi stanno tessendo una sottile trama per cercare di controbilanciare il vuoto che inevitabilmente si aprirà con la fine della carriera politica della Merkel.
La prima riflessione che occorre fare a caldo è che l’eredità che lascia la signora sarà molto ingombrante sia in patria che in Europa. L’incertezza estrema del voto dimostra pienamente quanto l’elettorato tedesco sia smarrito di fronte alla perdita di un premier che ormai era diventato come una mamma rassicurante per la prima potenza industriale del continente. Il sostanziale equilibrio delle forze in campo non ha decretato un sicuro vincitore, ma ha certamente sancito una sconfitta storica proprio per il partito della Merkel, quella Cdu, scesa clamorosamente per la prima volta sotto il 30%.
Certo il candidato Armin Laschet si è dimostrato troppo debole, poco credibile e soprattutto completamente inadeguato, con una serie di gaffe fino alla ultima clamorosa proprio il giorno del voto, a sostituire un mostro sacro come Angela Merkel. Ma altrettanto sicuro è che il partito fosse entrato in crisi già da qualche anno, con un calo di voti quasi ad ogni appuntamento elettorale degli ultimi 5 anni (nelle elezioni del 2017 la coalizione cdu/csu registrò un calo del’8% dei consensi rispetto a quattro anni prima). Una perdita di consenso a cui nemmeno la leadership della Merkel sembrava riuscire a frenare.
Ora tornando alle cose europee resta da capire, oltre ai risvolti in linea generale che questo voto potrà avere sulla politica europea e soprattutto su quella riguardanti le regole di bilancio degli Stati ( una coalizione assai probabile con dentro socialisti verdi e i liberali potrebbe rappresentare un serio problema in tal senso per la possibile richiesta tedesca di maggiore austerità ), è altrettanto interessante capire quello che questo potrà provocare all’interno di quello che molti considerano ormai come il “grande malato” di questi anni, e cioè il partito popolare europeo, in crisi di identità ed ora senza più una leadership chiara che lo possa guidare.
D’altra parte la Germania e la Merkel erano forse l’ultimo baluardo rimasto in Europa come espressione diretta del grande partito popolare europeo. Ora la crisi sembra arrivata ad un punto di svolta decisivo, senza la quale per il Ppe la crisi rischia di diventare quasi irreversibile. Perché la crisi del Ppe comincia sicuramente con la crisi dei principali partiti nazioanli liberali, a cominciare dai popolari in Spagna, per arrivare a Forza Italia di Berlusconi, per arrivare ai conservatori francesi, alla Cds portoghese fino alla cdu in Germania adesso.
Tutti sconfitti e non più maggioranza, non solo perché sconfitti dalle sinistre, ma spesso anche perché non hanno saputo far fronte alle avanzate straripanti di un destra, troppo semplicisticamente e superficialmente definita populista (sempre che poi a questo termine si voglia riconoscere una accezione negativa tout court). In Italia Fratelli d’Italia e Lega, in portogallo Chega, In Francia RN, e in Germania Afd hanno sicuramente svuotato con i loro exploit, a due cifre, soprattutto il bacino di voti che solitamente andava ad ingrossare i grandi partiti di tradizione popolare.
Ora nessuno dei grandi paesi europei è governato da un esponente del partito popolare europeo. Se si pensa che solo dieci anni fa Spagna, Francia, Germania ed Italia erano governati tutti da esponenti di partiti della grande famiglia dei popolari, la situazione deve molto far riflettere. Questo ribaltamento della situazione fa capire come la situazione sia diventata, infatti, assai preoccupante per un partito, che in questo momento esprime il presidente della Commissione europea, che inevitabilmente rischia di essere indebolita da questo inatteso crollo del suo partito in patria.
Al ppe in Europa manca da troppo tempo una chiara e precisa linea politica, ed ora manca anche del tutto d’una chiara e sicura leadership. Un partito storico che per anni ha condotto invece la linea politica dell’Unione adesso si vede sempre più spesso, scavalcato da destra dai conservatori dell’Ecr di Giorgia Meloni e al centro dai liberali e dai verdi che spesso fanno fronte comune con i socialisti ponendo il Ppe in minoranza.
Ecco allora che ora trovare nuova linfa e soprattutto un nuovo leader carismatico che riesca a fare uscire il glorioso Ppe dalle secche in cui pare essere finito in questi ultimi anni, non sarà certo impresa facile. La lezione che i partiti popolari europei devono imparare dalla lezione tedesca è che non si può fare troppo affidamento solo sul peso di un leader seppur carismatico ed autorevole come la cancelliera tedesca. Occorre ritrovare quello spirito, quella unità di intenti, quella compattezza e quel decisionismo, che ha permesso al partito popolare di essere il cardine della costituzione dell’Unione europea.
Il rischio che il partito corre, in caso contrario, potrebbe quello di essere cannibalizzato da chi come l’ecr sta dimostrando sicuramente di avere una sua linea politica che invece proprio con compattezza, coerenza, e unità di intenti cerca di perseguire. Altra eventualità potrebbe essere quella di operare una federazione di tutti i partiti di centrodestra, accogliendo anche chi come la lega di Salvini adesso appartiene ad un gruppo come Identità e democrazia, da cui da sempre i popolari hanno cercato di prendere le distanze. Insomma il rischio comunque che corre un ppe, mai così debole come ora, è quello di rimanere sempre più ai margini della politica europea, stretto nel mezzo fra socialisti e liberali da una parte e sovranisti e conservatori dall’altra. Insomma non certo una bella situazione per chi ha comunque contribuito in maniera determinante negli anni a creare e rafforzare l’unione europea. Che poi il risultato per ora raggiunto, sia stato ben al di sotto delle aspettative e degli auspici questo è tutt’altro discorso, ci cui certo non se può fare carico solo il ppe.
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