La
guardia costiera libica ha massacrato a colpi di mitraglia un gruppo di
migranti su un barcone, che faceva di tutto per sfuggirle. Perché in
Libia tutti i fuggitivi erano attesi dai lager, dove esseri umani a
migliaia vengono torturati, stuprati, trattati e venduti come schiavi.
Sono gli effetti degli accordi appena rinnovati tra Italia e Libia, approvati con voto quasi unanime dal Parlamento.
Sono gli effetti di una UE che usa Italia Grecia e Spagna come guardie di frontiera, con questi paesi che poi delocalizzano in Africa i compiti dello sterminio.
Sono
gli effetti di un sistema neocoloniale che spende per interventi
militari in Africa miliardi che potrebbero essere impiegati in veri
aiuti.
Sono gli effetti del saccheggio multinazionale delle risorse di un intero continente.
Sono
gli effetti di un sistema politico dove infami mascalzoni fanno le loro
fortune sulla paura dell’invasione da parte di poveri disperati, che
poi vengono stipati in settecento dove c’é posto per cinquanta e
vergogna se provano a fuggire. E poi ci sono quelli che per paura di
perdere voti a favore dei mascalzoni li copiano e fanno come e peggio di
loro.
Sono
gli effetti di un paese che da trent’anni viene diseducato alla
solidarietà e abituato alla ferocia. Non pensate che sia vero l’ignobile
slogan prima gli italiani. Esso serve solo a farci accettare il
massacro degli altri come inevitabile, in modo che si sappia accettare
quello in casa nostra se fosse necessario.
Ci si abitua all’indifferenza verso la mostruosità, come gli onesti cittadini di Mauthausen.
Ci
vogliono rendere complici e partecipi dell’orrore, questa è la colpa
più grave di tutti i governi e di tutti i partiti di governo, che hanno
fatto dell’Italia e della UE i mandanti dei crimini.
Sono
sacrosante ogni ribellione, ogni violazione, nel nome dell’umanità, di
questa legalità assassina. E se qualcuno chiede, come è solito fare chi
accetta tutto, quali siano le alternative, la risposta è prima di tutto
una: non guardare dall’altra parte. E poi smetterla di pagare assassini.
PS: questa foto è stata pubblicata a gennaio dall’Avvenire e documenta la tortura ad una donna eritrea.
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