Onestamente non ho ancora capito se Flavio Briatore sia un
imprenditore di successo o una mezza tacca. Devo essere tardo io, ma non
l’ho capito. E i giornali, i miei, cari, amati, giornali, non aiutano.
Hanno mai raccontato bene la sua galassia, i suoi interessi, il modo con
cui guadagna i suoi sudatissimi denari? No. Si gira sempre intorno ai
locali di lusso, ora chiude qui, domani apre là, si parla tanto dei suoi
barconi e dei suoi resort, ma una cavolo di indagine chiara non l’ho
ancora letta (L’unica cosa abbastanza definita è che in F.1 dev’essere
stato fico). Mentre so diverse cose su Leonardo Del Vecchio, il patron
di Luxottica, illustrato in maniera più equilibrata e minuziosa, anche
nelle critiche (cito Del Vecchio come esempio, ma ce ne sarebbero anche
altri come lui).
Insomma, se dovessi chiedere a uno dei due il punto sul Paese, tra rilievi sociali e aspettative di ripresa, mi
rivolgerei noiosamente a Del Vecchio. Farei la mia bella intervista, le
domande del caso, butterei in pagina e poi non leggerebbe nessuno. Non
leggerebbe nessuno perché avrei posto delle domande a una persona
competente sulle questioni, titolata a rispondere su quegli argomenti. E
di conseguenza fuori appeal, passato, antico. Che palle. (Un mio sogno
che non si avvererà mai è un’intervista a Enrico Bondi, il risanatore
Parmalat. Anche in quel caso due palle).
Vedo, invece, che in questo periodo amaro furoreggia il nostro Flavio. Gli
chiedono di tutto, gli affidano di tutto. Sino a un reality dalla
comica cornice, prodotto dal figlio di Paolo Mieli (pensa tu i figli),
dove i punti più esilaranti coincidono plasticamente con due espressioni
del Boss (come lo chiamano i poveretti che si disputano un posto nella
sua azienda): «Sei una capra!» , modesto ma significativo omaggio a
Vittorio Sgarbi, e «sei fuori!», pronunciato con enfasi cuneese mentre
il braccio si tende alla Concetto Lo Bello.
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