lunedì 19 marzo 2012

SPREAD BASSO MA DISOCCUPAZIONE ALTA

I dati forniti dall’Istat sulla disoccupazione sono preoccupanti: 9.2 %. Ha raggiunto il suo livello massimo dal 2004. Il governo Monti avrà pure fatto riacquistare fiducia all’Italia sui mercati finanziari ma non ci sono risposte sull’occupazione. Questo è un dato di fatto. Il nostro paese è in recessione. In attesa del decreto che andrà a riformare il mercato del lavoro previsto per la fine di marzo, latitano proposte convincenti volte a stimolare la domanda interna. Per il momento la trattativa governo-parti sociali si gioca sul terreno dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, il quale non consente alle imprese superiori ai 15 dipendenti di fare licenziamenti discriminatori. È da ricordare che in Italia il 95% delle imprese hanno meno di 15 dipendenti ma anche chi ne ha di più molte volte già non rispetta l’articolo ma per fortuna c’è un giudice terzo che decide. Il governo sostiene, con la mano destra convinta della Confindustria, la linea di superare l’articolo 18, ritenendolo un ostacolo alla libertà d’impresa. I sindacati, in primis la Cgil, sostengono al contrario, che la legge non deve esser toccata perché essa è una“norma di civiltà”. E siamo sicuri che qui si arriverà allo scontro finale. Da un lato il governo, il quale non fa altro che obbedire alle direttive della lettera della BCE di agosto ( il mese clou della sospensione della democrazia ) firmata Draghi-Trichet (nella quale il mercato flessibile teorizzato come dogma diventa scelta ineluttabile per tutti i governi dell’area Euro) e dall’altra le forze sociali che si oppongono alle scelte neo-liberiste che stanno massacrando l’economia. Le ragioni della disoccupazione nascono soprattutto da qui. Con la stretta ai consumi derivata dal crollo della domanda, le imprese ritengono di non dover produrre. Ne conseguono licenziamenti. Il risultato finale rappresenta l’aumento esponenziale della disoccupazione. In Italia ce ne sono più di 2 milioni di disoccupati, senza contare chi studia o chi non avendo più fiducia, ha totalmente rinunciato a mettersi alla ricerca di trovarsi un impiego. Ma anche chi lavora, è a rischio povertà. L’Italia è agli ultimi posti per retribuzioni lorde nell’Eurozona. Secondo la “propaganda padronale”, sostenuta anche dal ministro del Welfare, gli stipendi nel nostro paese sono bassi perché il costo del lavoro è alto ed anche la produttività risulta bassa. In verità, siccome la produttività totale è la risultante della somma tra capitale e lavoro, essa è bassa perché questi due fattori sono bassi, quindi il problema del costo del lavoro è falso, considerando il fatto che esso è maggiore in paesi che godono di una salute sicuramente migliore della nostra, uno tra tutti la Germania che guida questa classifica. Da una parte non si vuole andare al nocciolo della questione, non facendo altro che spostare l’asso sul fronte delle polemiche nei confronti dei sindacati accusati dalla leader della Confindustria Marcegaglia di difendere “assenteisti cronici”. Tra l’altro definire i lavoratori anche dei ladri, in un momento di forte tensione sociale, non fa che acuire la rabbia di chi non ha voce perché questa le viene scippata, come la ricchezza che essi producono. È da trent’anni che si sposta sistematicamente la ricchezza da chi lavora a chi invece detiene i mezzi di produzione. In assenza o quasi di politiche volte a ridistribuire il reddito, si assiste al disastro economico-finanziario, determinando in buona sostanza pericolose nuove forme di povertà. Ma su questa crisi c’è chi si arricchisce, forse chi l’ha provocata, ovvero quell’establishment oligarchico ben rappresentato dalla finanza, il vero potere egemone che dietro le quinte muove i fili di tutte le operazioni politiche ed economiche. E del resto l’attuale governo, il quale è espressione di quei poteri si dimostra  insensibile alle richieste di lavoro e sostegno economico nei confronti delle fasce più deboli. In Parlamento tuttavia, si continua a sostenere in maniera più che convinta ogni scelta politica, eccetto se si toccano gli interessi di Berlusconi. È un dato di fatto che il Pdl dà qualche sussulto solamente nel caso in cui si tratta di argomenti come la televisione e la giustizia, tutti e due molto cari all’ex premier. La natura del Popolo della Libertà è imperniata proprio sugli interessi di una persona, non lo abbiamo scoperto certo ieri mattina, ma dall’altra sponda, ovvero quella del Partito Democratico se il governo manomettesse in maniera decisa i diritti dei lavoratori, questi come si comporterebbe. Ma quella è un’altra storia. O forse no ?

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