venerdì 12 agosto 2011

2011: La fine del Capitalismo?

Il comunismo, la dittatura del proletariato, il sogno di una società più equa e più giusta si infranse nella corruzione e nella violenza come quasi sempre quando c’è di mezzo l’uomo con le sue miserie.
D’altronde era la prima esperienza di una società diversa nata da un feudalesimo nobiliare di repressione e miserie.
Marx è ancora attuale e l’applicazione delle sue teorie vanno riviste e corrette, alludo alla redistribuzione della ricchezza dei paesi in modo più equo ed equilibrato.
D’altronde è quello che chiedono gli indignados di tutto il pianeta.
Il sogno americano, la destra mondiale, il parassitismo speculativo capitalista ha fatto credere a tutto il mondo che il mercato imposto dal capitalismo sia il sistema più giusto ed il profitto, a qualsiasi prezzo etico e morale, il suo Dio.
Così non è il capitalismo è un tumore della società globale che arricchisce a dismisura i pochi ed affama miliardi di persone.
C’entra anche il fato, il destino, c’è chi ha la sfortuna di nascere miserabile in certe parti del mondo con l’unica prospettiva di una vita di stenti e sfruttamenti e di una morte che diventa una liberazione.
Per qualche migliaio, milione, di individui che grazie a capacità superiori in qualche campo della vita riesce ad emergere ed a elevarsi sul piano economico e culturale, alludo per esempio ad un cantante, un calciatore, un laureato, un attore, solo per fare un esempio ce ne sono miliardi che non hanno un tetto, una casa , una prospettiva.
Il capitalismo, per sopravvivere e prosperare ha bisogno di due cose: o le guerre periodiche per rilanciare la speculazione o delle crisi globali per fare la stessa cosa, speculare.
Entrambe portano solo miseria, ingiustizia, ineguaglianza e privilegi. Ieri per la nobiltà oggi per la borghesia parassitaria dell’economia globale.
Quello che stiamo vivendo in questi anni è la caduta del burqa del capitalismo globale.
Il burqa del capitalismo è tessuto con i fili delle religioni, tutte, del mercato, del profitto, della speculazione, e nasconde al mondo i veri responsabili della crisi globale che arriva a seconda dei luoghi anche a uccidere per fame milioni di persone, vedere quello che succede nel corno d’Africa.
Il capitalismo è la ricchezza dei pochi sulle spalle e lo sfruttamento dei molti, non è eticamente, moralmente, direi quasi religiosamente accettabile che l’8% degli abitanti di un Paese detengano il 50% della ricchezza.
Questo concetto fa rabbrividire, da solo dovrebbe bastare per una rivoluzione di massa, e vorrei fare un esempio dell’indecenza di una situazione del genere.
Se ci fossero a disposizione 100.000 euro avremmo, abbiamo, una situazione del genere: 8 persone si spartirebbero 50.000 euro, 6250 a testa, gli altri 92 si spartirebbero 543,48 euro.
Abbiamo, nel mondo, qualche migliaio di speculatori che sono in grado di mettere in crisi qualsiasi paese che non abbia una politica forte in grado di condizionare il loro movimenti, le loro speculazioni, di tassare in modo giusto e proporzionale i loro immensi guadagni parassitari.
Oggi l’Unità titola: Il governo inutile, ed è giusto ma non vale solo per noi, vale per tutta Europa e per tutto il mondo, sinchè la politica sarà schiava dei poteri economici ed incapace di imporre regole, tasse, limitazioni,etica, equità, agli speculatori del globo.
I modi ci sono per condizionare questa gentaglia, più o meno anonima, che è in grado di rovinare Stati interi. Se solo la politica globale avesse la volontà e la forza di togliere il burqa che copre le nefandezze del capitalismo, sempre che non siano tutti complici visto che anche la sinistra ragiona esclusivamente nell’ambito del sistema capitalistico, incapace di proporre una alternativa economica e sociale.
Abbiamo la nostra Costituzione che è più a sinistra della sinistra estrema del Paese, ma non se ne è accorto nessuno.
E’ più giusto, equa, solidale, libertaria di chi ci governa e di chi è all’opposizione.
Basti pensare che ognuno deve contribuire allo Stato in base alle sue possibilità e noi abbiamo un governo che tassa la benzina, i pensionati, i lavoratori, taglia l’assistenza e la sanità ma non tocca i miliardari che hanno il 50% della nostra ricchezza nazionale.
Il burqa del capitalismo è caduto, senza nemmeno una legge che lo proibisca, adesso dovremmo fare una legge che impedisca ai parassiti di rimetterlo e di nascondersi dietro una libertà che non è libera, di un mercato che è solo un sopruso, di una uguaglianza che non è uguale e di una religione che giustifica tutto per sopravvivere nei suoi privilegi.
Basta solo che la massa se ne renda conto, il capitalismo è scoperto, mostra tutte le sue incongruenze e le ineguaglianze, mostra le sue miserie, che sono nostre, e le sue debolezze.
E’ un sistema bacato che agevola i pochi ricchi a scapito dei molti poveri. Ci hanno, vi hanno, fatto credere che è il migliore ed il più democratico sistema al mondo ed invece è un sistema che produce una ricchezza malata e piramidale e che alla sua base ha miliardi di poveri sempre più oppressi.
La politica mondiale è miope o collusa, alludo alle destre in generale, poi si meravigliano se danno l’assalto ai negozi o alle banche.
Non è importante se rubano un televisore o un i-pad, rubano i simboli di questa ricchezza fittizia ed inutile che crea solo disparità ed ineguaglianza.
Almeno noi, che abbiamo la mente libera, togliamo il burqa al capitalismo, facciamo vedere a tutti che faccia ha, anche sapendo che non sarà un belvedere. Mostriamo l’orrido di un sistema economico iniquo ed orrendo.
L’orologio della storia ha i suoi tempi, se il 1989 ha segnato la fine del comunismo reale il 2011 segna la fine del capitalismo globale, basta esserne consapevoli anche se le macerie non sono di ferro, polvere e cemento, sono visibili a tutti.
E’ su tutte le prime pagine dei giornali il crollo delle borse mondiali è lo sfilarsi del burqa del capitalismo, senza volerlo ci mostra il suo vero volto.
Se non è iena è avvoltoio, se non sono iene ed avvoltoi sono vermi che mangiano le carcasse della nostra economia.
A destra ed a sinistra, nel popolino, si tende scaricare sulla politica le anomalie del capitalismo senza rendersi conto che la politica, tutta, è succube del capitalismo, mancando di fatto al suo ruolo di governo e di controllo.
Cadendo nel tranello del capitalismo parassita da tutte le parti si invoca meno politica, un autentico suicidio, per cambiare le cose ci vuole più politica, che sia più forte e che condizioni ed imponga le regole a questo capitalismo incontrollabile ed anarchico che pensa solo ai, suoi, profitti.
Che privatizza i profitti e socializza le perdite.

sabato 30 luglio 2011

LA TRAGICA FARSA DEI MINISTERI AL NORD

Che ci siano o no a Monza tre ministeri, scomparsi di conseguenza da Roma, è un quesito cui nessuno saprebbe dare risposta. Certo c’è stata una inaugurazione di locali, e dopo che Bossi ha respinto al mittente la lettera di Napolitano, “i ministeri li abbiamo fatti e li lasciamo lì”, si dovrebbe parlare appunto di fatto compiuto. Senonché la cosa non è così semplice.  
A parte che i ministeri non sono costituiti soltanto dai ministri, ma si servono pure di direzioni, gabinetti, uffici di vario genere tuttora di stanza a Roma, l’impressione è che per ora il braccio di ferro si eserciti su una questione virtuale. Dice il capo dello Stato che il trasferimento a Monza non si può fare, salvo rivedere la Costituzione, chiamare in causa la Corte dei Conti per valutare costi e benefici: ossia, con l’aria che tira, rinviare tutto a babbo morto. E prima di andare avanti servirà un inciso sull’utilità dell’iniziativa, visto che i costi sarebbero a carico di noi cittadini mentre i benefici andrebbero ad esclusivo vantaggio degli spot leghisti. Diremmo insomma che la faccenda è grave ma non seria. Grave perché un partito di governo pretende di coartare la volontà altrui per mere ragioni propagandistiche: e gravissima, va aggiunto, per la protervia con cui Bossi risponde al messaggio di Napolitano. Grave anche per l’imbarazzo del Pdl, non da oggi stretto fra due opposte necessità, pensare ai problemi nazionali e fingere che la Lega vada presa sul serio. Ma proprio questo è il punto. Serietà? Come diceva Totò, ma per piacere...
Ricordiamo tutti i precedenti. Si era in vista di elezioni e referendum, con pronostici negativi per la maggioranza. Per calmare la base, da tempo irritata con Berlusconi per i noti motivi, dalla questione morale al deficit di efficienza, i capi leghisti avevano avuto la bella pensata dei ministeri in Brianza. Federalismo portato dalla teoria alla pratica, con Bossi, Calderoli e possibilmente Tremonti insediati nella Villa Reale. Poi la doppia batosta elettorale e, adesso, l’arredamento raffazzonato di qualche ufficio, sostenendo che in quelle stanze ormai i ministeri ci sono e di là non si muovono.
Serietà, come no. Sul piano umano, è da compiangere il presidente della Repubblica che, di fronte ad azioni ed esternazioni insensate, è costretto a mettere in guardia sia i responsabili sia i corresponsabili. Con tutte le preoccupazioni che ha, almeno Napolitano dovrebbe essere al riparo di simili goliardate. Ma è sul piano politico, scivoloso come ben sappiamo, che la farsa può trasformarsi in dramma.
Con questi chiari di luna, dall’economia che traballa all’indifferenza verso i bisogni delle famiglie italiane, ci mancava solo il problema di Monza capitale. Altro che Ruby o processi assortiti. Oggi più che mai Berlusconi dovrà stare molto ma molto attento.  

domenica 24 luglio 2011

IL DISAGIO DI DONNE E GIOVANI

Donne e giovani, in questo paese, si trovano a dover portare, senza averlo scelto, un fardello pesantissimo, la diseguaglianza tra ricchi e poveri.

L’importante è nascere in una famiglia giusta, è lì che si gioca il destino del nascituro.

Essere poveri fin da bambini è molto peggio che ritrovarsi poveri nel corso della vita.

Mancano gli interventi che funzionino da elemento di compensazione di fronte alla presenza dei figli, come per esempio, il sostegno all’occupazione delle madri.

Nei fatti c’è l’idea di restituire alla famiglia i problemi. Si considera la rete famigliare come la protezione e la soluzione di ogni problema, sia che si parli di minori, sia che si parli di anziani o disabili.

E’ un’idea sbagliata, anche se è una vecchia idea italiana, perché, pur senza disconoscere tutto quello che hanno fatto le famiglie, di fronte ai dati sulle disuguaglianze e la povertà crescente, restituire i problemi alle famiglie vuol dire amplificarli ancora di più e far aumentare le distanza tra chi ha le risorse per fare qualcosa a chi questa risorse economiche, ma anche sociali e culturali, non le ha.

E intanto, per non toccare l’evasione fiscale, le rendite finanziarie, i privilegi della casta, si reintroduce l’Irpef sulla prima casa, quella adibita ad abitazione. Quella casa che molti hanno pagato con enormi sacrifici, e che costituisce forse l’unico bene di tanti poveri cristi che hanno lavorato una vita intera per pagarsela. 

martedì 12 luglio 2011

LA COLOSSALE PRESA IN GIRO

La manovra economica recentemente varata introduce, oltre a vari dolorosi tagli, il famoso superbollo sui Suv e sulle auto di lusso.
Sono anche le più inquinanti. Dovrei gioire. Invece è una colossale presa in giro. Il testo inviato al Quirinale recita che sono dovuto 10 euro per ogni kilowatt di potenza eccedente rispetto al limite dei 225 kilowatt.
Significa che nulla è dovuto, ad esempio, se si possiede una Mercedes S 350 (vari modelli che arrivano a costare fino a 104 mila e rotti euro) o una Bmw 740d da 89.000 euro: hano una potenza di 225 kilowatt. Non pagano neanche l’Audi Q5 (132 kilowatt) e Q7 (200 kilowatt), e la jeep Grand Cherokee (prezzo fino a 63 mila euro circa): 177 chilowatt nella versione più potente.
E allora mi sono chiesta: ma chi paga? PAGANO SEMPRE I SOLITI!!

giovedì 30 giugno 2011

L'AGONIA DEL CAPITALISMO

Da tempo sostengo che la crisi attuale del capitalismo è più che congiunturale e strutturale: E’ terminale!
Due ragioni, però, mi portano a questa interpretazione:
La prima è la seguente, la crisi è terminale perchè tutti noi, ma in particolare il capitalismo, abbiamo oltrepassato i limiti della Terra. Abbiamo occupato e depredato tutto il pianeta spezzando il suo sottile equilibrio ed esaurendo i suoi beni e i suoi servizi, fino al punto che non riesce più a sostituire da solo quello che gli hanno sequestrato. Già a metà del secolo XIX qualcuno scriveva profeticamente che la tendenza del capitale era di andare in direzione della distruzione delle sue due fonti di ricchezza e di riproduzione: la natura e il lavoro. E’ quello che sta succedendo.
La natura, in effetti, sta subendo un grande stress, come mai prima, per lo meno nell’ultimo secolo, i fenomeni estremi verificabili in tutte le regioni, i cambi climatici che tendono ad un riscaldamento globale crescente, parlano a favore di questa tesi.  Senza natura, come si riprodurrà il capitalismo? Ha incontrato un limite insuperabile.
Il capitalismo precarizza o prescinde dal lavoro. Esiste un grande sviluppo senza lavoro. L’apparato produttivo informatizzato e robotizzato produce di più e meglio, senza quasi alcun lavoro.
La conseguenza diretta è la disoccupazione strutturale.
Milioni di persone non entreranno mai più nel mondo del lavoro, neppure come esercito di riserva. Il lavoro, dalla dipendenza dal capitale, è passato a prescindere da esso. In Spagna la disoccupazione raggiunge il 20% della popolazione generale, e il 40% dei giovani. In Portogallo il 12% del paese e il 30% dei giovani. Questo significa una grave crisi sociale, come quella che devasta in questo momento la Grecia.
Tutta la società viene sacrificata in nome di un’economia fatta non per rispondere alle richieste umane ma per pagare i debiti con le banche e con il sistema finanziario.
La seconda ragione è legata alla crisi umanitaria che il capitalismo sta generando. Prima era limitata ai paesi periferici. Oggi è globale e ha raggiunto i paesi centrali. Non si può risolvere la questione economica smontando la società.
Le vittime, legate tra loro da nuovi viali di comunicazione, resistono, si ribellano e minacciano l’ordine vigente. Ogni volta più persone, specialmente giovani, non accettano la logica perversa dell’economia politica capitalista: la dittatura della finanza che, attraverso il mercato, sottomette gli Stati ai suoi interessi e la redditività dei capitali speculativi che circolano da una borsa ad un’altra ottenendo profitti senza produrre assolutamente niente che non sia più denaro per i suoi possessori di rendite.
E’ stato il capitale stesso a creare il veleno che lo può uccidere: nell’esigere dai lavoratori una formazione tecnica ogni volta migliore per essere all’altezza della crescita accelerata e della maggiore competitività, ha creato involontariamente persone che pensano. Queste, lentamente, vanno scoprendo la perversità del sistema che spella le persone in nome di un’accumulazione meramente materiale, che si mostra senza cuore nell’esigere più e più efficienza, fino al punto di portare i lavoratori ad un profondo stress, alla disperazione e, in alcuni casi, al suicidio, come succede in vari paesi del mondo.
Le strade di vari paesi europei e arabi, gli “indignati” che riempiono le piazza della Spagna e della Grecia, sono espressione di una ribellione contro il sistema politico esistente a rimorchio del mercato e della logica del capitale. I giovani spagnoli gridano “non è una crisi, è una rapina”. I ladroni hanno le loro radici a Wall Street, nel F.M.I. e nella Banca Centrale Europea, che sono i sommi sacerdoti del capitale globalizzato e sfruttatore.
All’aggravarsi della crisi cresceranno in tutto il mondo le moltitudini che non sopporteranno più le conseguenze del supersfruttamento delle loro vite e della vita della Terra e si ribelleranno contro questo sistema economico che ora agonizza, non per la vecchiaia ma per la forza del veleno e delle contraddizioni che ha creato, castigando la Madre Terra e affliggendo la vita dei suoi figli e delle sue figlie.

martedì 14 giugno 2011

L'UOMO CHE HA FREGATO UN INTERA NAZIONE

Silvio Berlusconi ha di che sorridere. A 74 anni ha creato un impero mediatico che lo ha reso l’uomo più ricco d’Italia. Domina la scena politica italiana dal 1994, è il Premier più longevo dopo Benito Mussolini ed è sopravvissuto a innumerevoli profezie di fine imminente. Eppure, nonostante i successi personali, come leader del Paese è stato un disastro, per tre motivi.
Due sono ben noti. Il primo riguarda lo scandalo della saga dei “bunga bunga”, uno dei quali ha prodotto il poco edificante spettacolo di un Presidente del Consiglio messo sotto processo a Milano con accuse che parlano di sesso a pagamento con una minorenne: il ‘Rubygate’ mette in cattiva luce non solo Berlusconi ma anche il resto del Paese. Per quanto vergognoso, lo scandalo a sfondo sessuale ha influito poco sull’attività del Berlusconi-uomo politico ed ecco perché l’Economist l’ha ampiamente ignorato.
In questi anni è stato processato più di una decina di volte, per frode, per falso in bilancio e per corruzione. Chi lo difende sostiene che non è stato mai condannato, cosa per altro non vera: alcuni casi sono arrivati a condanna, salvo poi essere prescritti per decorrenza dei termini; è successo almeno un paio di volte, visto che Berlusconi stesso ha fatto cambiare la legge.
Ma ora è chiaro che né la storia dei suoi loschi affari sessuali né quella dei suoi dubbi affari finanziari sarebbero la ragione principale per cui gli italiani dovrebbero ricordare Berlusconi come un disastro, anzi peggio, come una vero e proprio fallimento. Peggiore di tutti è il terzo difetto: la sua assoluta indifferenza nei confronti della condizione economica del Paese. Forse perché distratto dai problemi con la giustizia, in quasi nove anni da presidente del Consiglio non ha saputo riconoscere né rimediare alla grave debolezza economica dell’Italia. E’ per questo che lascerà dietro di sé un Paese in pessime acque.

mercoledì 8 giugno 2011

REFERENDUM 12-13 GIUGNO VOTA 4 SI!!

È im­por­tante il 12 e il 13 giu­gno rag­giun­gere il quo­rum ai Re­fe­ren­dum e sce­gliere il SI a tutti i que­siti. È un voto che può porre al­cuni li­miti a un mo­dello di svi­luppo in­so­ste­ni­bile, che ignora i co­sti am­bien­tali, so­ciali e i beni co­muni, e a un po­tere po­li­tico che cal­pe­sta giu­sti­zia e democrazia.
Un suc­cesso dei SI al Re­fe­ren­dum co­strin­ge­rebbe la po­li­tica – sia del go­verno che dell’opposizione – a fare i conti con la vo­lontà dei cit­ta­dini. L’impegno delle mo­bi­li­ta­zioni so­ciali non si li­mi­te­rebbe a ma­ni­fe­sta­zioni fi­nora ina­scol­tate, ma can­cel­le­rebbe al­cune delle peg­giori leggi in­tro­dotte dal governo.
Votate convintamente 4 SI!!!!!!!!!!!!!