La
scorsa settimana, alla Conferenza sulla storia americana della Casa
Bianca, il Presidente Donald Trump ha denunciato il modo in cui “la sinistra ha deformato, distorto e contaminato la storia americana con inganni, falsità e bugie”, attaccando Howard Zinn, la teoria critica razziale, e il 1619 Project del New York Times (di cui sono stato contributore).
Il presidente ha enfatizzato la necessità di “un’educazione patriottica”
nelle nostre scuole, sottovalutando la centralità della schiavitù, o
comunque ogni tipo di oppressione, nella fondazione dell’America.
“La
nostra missione è di difendere l’eredità della fondazione dell’America,
la virtù degli eroi americani e la nobiltà dell’identità americana”, Trump ha detto all’evento. “Dobbiamo
cancellare la fitta ragnatela di bugie nelle nostre scuole ed insegnare
ai nostri ragazzi la magnifica verità sul nostro paese. Vogliamo che i
nostri figli e le nostre figlie sappiano che sono cittadini della più
eccezionale nazione della storia del mondo”.
“Le nostre storie tendono a discutere la schiavitù americana così imparzialmente”, scrive W. E. B. Du Bois nel suo libro del 1935, Black Reconstruction in America, “i”.
Ascoltando
Trump, potremmo pensare che un esame rigoroso della schiavitù e le sue
implicazioni siano una parte fondamentale delle lezioni di storia in
America. Invece, recenti statistiche dimostrano che i giovani americani
hanno enormi lacune nel capire la storia della schiavitù nel nostro
paese.
Secondo un report del 2018 del Southern Poverty Law Center,
solo l’8% degli studenti dell’ultimo anno di liceo sa che la schiavitù è
stato il punto focale della Guerra Civile. Due terzi degli studenti non
sapeva neanche che un emendamento costituzionale fu necessario per
abolire formalmente la schiavitù.
Quel che mi ha affascinato di più del discorso di Trump è stata la scelta di centrarlo tutto sull’”indottrinamento”. È
stato strano realizzare che riportare una narrazione più ampia di quel
che fu la schiavitù, e dell’orrore che portò, potrebbe essere
considerato indottrinamento, specialmente se le storie che si raccontano
sull’America sono imbevute in una mitologia uni-dimensionale dell’eccezionalismo.
“Proviamo
troppo spesso a cambiare deliberatamente i fatti della Storia che la
Storia potrebbe essere una lettura interessante per gli Americani”, scrisse Du Bois in Black Reconstruction.
Du
Bois scriveva in un momento in cui la narrativa della schiavitù come
“accordo amichevole e benevolente fra schiavista e schiavo” finì per
dominare la memoria collettiva americana di quel periodo storico. Molti
americani vedevano la schiavitù come un accordo con cui i Neri erano
felici di servire i loro padroni bianchi, che a loro volta li servivano
con una bontà paterna e gentile.
Questa narrativa fu propagata dallo storico della Columbia University Ulrich Bonnell Phillips, che, con il suo libro del 1918 American Negro Slavery, formalizzò come gli americani bianchi vedevano tale istituzione. “In generale”, scrisse Phillips, “le
piantagioni erano le migliori scuole mai inventate per l’addestramento
di massa di tutta quella popolazione inerte e riluttante, la maggior
parte della quale è rappresentata dai negri americani”.
All’università,
Phillips studiò sotto lo storico William A. Dunning, che diede il nome
alla Dunning School – non una vera e propria istituzione, ma un
movimento intellettuale razzista. L’eredità della Dunning School intende
fortificare nella coscienza pubblica americana l’idea secondo cui, dopo
la Guerra Civile, i Neri si sono dimostrati, tramite le elezioni e il
suffragio, incapaci di partecipare alla democrazia.
Come posto dallo storico Eric Foner, “Alla
base della dottrina Phillips vi era l’idea che la schiavitù non fosse
davvero un’istituzione inumana basata sulla tortura psicologica e
fisica, e che il suo ruolo nella crescita dell’economia americana fu
minima.”
Per
insegnare la vera storia della schiavitù non serve distorcere, omettere
o dire bugie riguardo quel che è accaduto in questo paese; serve
semplicemente un’esplorazione dei documenti con fonti primarie per
capire il senso di quel che è stato e di quel che ci ha lasciato.
Tutto
quel che gli insegnanti devono fare, per insegnare ai ragazzi quel che
fu la tratta transatlantica ,è fargli spendere tempo con le memorie di
chi l’ha vissuta sulla propria pelle. “Sono stato messo sotto i
ponti, e lì recevetti un saluto nelle mie narici come mai avevo provato
in vita mia, tanto che, piangendo per l’asprezza della puzza, mi sentii
talmente male che non riuscììii a mangiare,” scrisse l’ex schiavo Olaudah Equiano nella sua autobiografia del 1789. “La
vicinanza di spazio, il calore del clima, a cui va aggiunto il numero
di persone nella nave, che era così affollata che a malapena si riusciva
ad avere spazio per se stessi, ci hanno quasi soffocato. Sudavamo tanto
e non riuscivamo a respirare per via della puzza orribile, il che causò
nausea negli schiavi, per cui tanti poi morivano.”
Un
insegnante non ha bisogno di dire bugie sul fatto che la Confederazione
fosse fondata su principi di tortura intergenerazionale e lavoro coatto
quando i Confederati dicevano nelle loro dichiarazioni di secessione:
“I popoli degli stati schiavisti sono legati assieme dalla stessa necessità e determinazione di preservare la schiavitù africana”, diceva quella della Louisiana.
“La nostra posizione è accuratamente identificata con l’istituzione della schiavitù – il più grande interesse materiale al mondo”, dichiarava quella del Mississippi.
“L’elezione
del sig. Lincoln non può che essere considerata una solenne
dichiarazione, dalla maggioranza del popolo del Nord, di ostilità al
Sud, le sue proprietà e istituzioni”, affermava quella dell’Alabama, “consegnando
i propri cittadini ad assassini, e le sue mogli e figlie alla
violazione e alla contaminazione, per gratificare la brama di Africani
mezzo civilizzati.”
“La servitù della razza africana, come esiste in questi stati”, dice quella del Texas, “è
mutualmente benefica per essere legati e liberi, ed è autorizzata
abbondantemente e giustificata dall’esperienza dell’umanità e dalla
rivelata volontà del Creatore Onnipotente.”
Non
erano solo i rappresentanti eletti a pensare questo. Lo storico James
Oliver Horton ha trovato tantissime testimonianze di soldati confederati
che dicevano le stesse cose. Come nota, un prigioniero sudista urlò a
soldati unionisti che stavano di vedetta, “Voi Yanks volete che le nostre figlie si sposino con dei niggers”.
Un contadino bianco indigente disse di non poter e voler smettere di combattere, perché il governo di Lincoln “vuole obbligarci a vivere come la razza di colore”.
Un artigliere confederato della Louisiana disse che il suo esercito
doveva combattere disperatamente perché non avrebbe mai voluto “vedere il giorno in cui un Negro è messo in pari con una persona bianca”.
Un
educatore non deve inventare storie su quel che pensavano i nostri
Padri Fondatori delle persone nere, visto che l’hanno detto loro stessi.
“Paragonandoli
sulle loro facoltà di memoria, ragione e immaginazione, mi pare che in
fatto di memoria siano uguali ai bianchi; in ragione molto inferiori, se
penso che non ne potremmo trovare uno che sia capace di seguire e
comprendere le investigazioni di Euclide; ed in immaginazione, sono
noiosi, privi di gusto e anomali”, scrisse Thomas Jefferson in Notes on the State of Virginia “affermo
quindi con sospetto, che i neri, sia che fossero originariamente una
razza distinta, o che si siano resi diversi dal tempo e dalle
circostanze, sono inferiori ai bianchi nella dotazione del corpo e della
mente.”
Nessun
insegnante deve mentire su come agli schiavisti era permesso abusare
dei propri lavoratori schiavizzati quando il codice degli schiavi della
Virginia rende chiaro che ad una persona bianca è permesso dalla legge
di uccidere una persona nera schiavizzata:
“LADDOVE
l’unica legge in funzione per la punizione dei servi recalcitranti che
resistono ai loro signori, signore o sorveglianti non possa essere
inflitta sui negri, né possa essere soppressa se non tramite mezzi
violenti l’ostinazione di molti di loro, Sia decretato e dichiarato da
questa grande assemblea, che se uno schiavo resiste al proprio signore
(o ad un ordine del suo signore in modo da correggerlo) e per
l’estremità della sua correzione possa esso morire, la sua morte non
debba rappresentare un crimine, ma il suo signore (o un’altra persona
incaricata dal signore di punirlo) sia scagionato dalla molestia,
siccome una tale malizia preterintenzionale (che da sola la renderebbe
un crimine) potrebbe indurre qualsiasi persona a distruggere la sua
proprietà.”
Non
è necessario drammatizzare o esagerare lo sbilanciamento di potere tra
schiavista e schiavo – e la violenza con cui questo sbilanciamento si è
manifestato tra schiave donne e uomini bianchi – quando innumerevoli
esempi dei racconti di schiavi ricordano storie dell’abuso sessuale che
le donne nere subivano dai loro padroni bianchi. Prendete questa
testimonianza del 1937 dell’ex schiavo W. L. Bost, inclusa nella Federal
Writers Project della WPA:
Tantissime
donne nere fanno figli con uomini bianchi. Sanno che è meglio seguire
quello che viene detto loro. Non c’erano questi casi prima che gli
uomini arrivassero qui dal South Carolina [al North Carolina], si
stanziassero e portassero schiavi. Poi prendono quegli stessi figli che
hanno fatto con il sangue e poi li fanno schiavi. Se la Signora lo
scopre scatena la rivoluzione. Ma difficilmente lo scopre. Gli uomini
non lo dicono e le donne negre sono sempre impaurite. Quindi continuano a
sperare che le cose non saranno le stesse per sempre.
O questo passo dal libro del 1861 di Harriet Jacobs, Incidents in the Life of a Slave Girl:
Il
mio signore mi incontrava ad ogni turno, ricordandomi che io
appartenevo a lui e giurando che mi avrebbe costretta a sottomettermi a
lui. Se uscivo per prendere una boccata d’aria dopo una giornata di
fatica instancabile, i suoi passi mi seguivano ostinatamente. Se mi
inginocchiavo presso la tomba di mia madre, la sua ombra oscura cadeva
su di me perfino lì. Il leggero cuore che la natura mi diede divenne
pesante con tristi presagi.
Per
capire l’impatto e il costo umano della separazione familiare, basta
leggere semplicemente le inserzioni messe sui giornali dalle persone
schiavizzate nei decenni seguenti la Guerra Civile e l’abolizione
formale della schiavitù. Ad esempio questa a Philadelphia, presa da
Eliza Holmes nel 1895:
INFORMAZIONE
RICHIESTA SU mio marito e mio figlio. Ci siamo separati a Richmond,
Virginia, nel 1860. Il nome di mio figlio era Jas. Monroe Holmes; il
nome di mio marito era Frank Holmes. Mio figlio è stato venduto a
Richmond, Virginia. Non so dove l’abbiano portato. Mio marito non fu
venduto; l’ho lasciato a Richmond, Virginia, quando io e i miei cinque
figli, Henry, Gabriel, Charles, Dortha e Jacob, fummo venduti ad un
mercante che viveva in Texas. Ora sono vecchia e non penso di avere
ancora molto, quindi mi piacerebbe rivederli prima che io muoia.
Qualsiasi informazione riguardo loro sarà piacevolmente accolta da Eliza
Holmes, Flatonia, Fayette Co., Texas
L’intensità
dell’opposizione che Trump e molti altri mostrano riguardo al porre al
centro la schiavitù, o anche semplicemente ri-orientare la storia del
nostro paese cosicché la schiavitù non sia più esterna alla fondazione
del progetto americano, proviene dal loro ragionamento su quel che si
gioca in questo dibattito.
Così
tanto della legittimità dell’infrastruttura politica, economica e
sociale americana è predicata su un mito antistorico – quello che
accetta tutto quel che rende l’America eccezionale, senza andare a
sbattere contro il fatto che le risorse che hanno creato vite
eccezionali per alcuni cittadini furono create dall’oppressione
intergenerazionale di milioni di altri.
Lo
studio della schiavitù dimostra chiaramente queste contraddizione e
queste messinscene. Trump e coloro i quali si allineano al suo messaggio
sanno che una volta che le persone hanno capito quest’imbroglio sulla
schiavitù in ogni sfaccettatura della storia degli Stati Uniti, la
legittimità dei suoi sistemi si svela, e con essa la legittimità di chi
occupa spazi di potere.
Se
gli studenti non imparano la storia della schiavitù, potrebbero quindi
pensare che l’Electoral College sia un’istituzione benigna dedicata ad
istituire la giustizia democratica per gli Americani in tutto il paese.
Potrebbero crescere pensando che il gigantesco divario di ricchezza tra
le persone nere e i bianchi siano fondate sul fatto che un gruppo lavora
più sodo dell’altro. Potrebbero pensare che il nostro sistema
carcerario è oggi così perché i Neri sono inerentemente più violenti.
“Nessuno può leggere la prima autobiografia di Frederick Douglass ed avere troppe illusioni riguardo la schiavitù”, scrisse Du Bois in Black Reconstruction, “E
se la verità è il nostro fine, non esistono fantasticherie o ricordi
personali dei suoi beneficiari che possano nascondere al mondo il fatto
che la schiavitù fu un crudele, sporco, costoso e ingiustificabile
anacronismo, che ha quasi rovinato il più grande esperimento di
democrazia al mondo.”
Questo è quello che Trump ha paura che gli studenti scoprano.
Ma
la verità è che il nostro paese non peggiora se i giovani fanno i conti
pienamente con i lasciti della schiavitù. Queste riflessioni li
preparano meglio a dare un senso su come si è evoluto il nostro paese e
sul costruire sistemi ed istituzioni basati sulla giustizia invece
dell’oppressione. Nulla è più patriottico di questo.